Francesca morì per overdose: «Nessuna volontà di farle del male»
Con la morte di Francesca Manfredi Micheal Paloschi non c’entra. A sostenerlo, nel corso del processo a carico del 33enne e di altre sei persone coinvolte a vario titolo nel decesso della 24enne trovata senza vita il 23 agosto dello scorso anno nel suo appartamento delle Fornaci, è l’avvocato Valeria Cominotti. Il giovane accusato di aver iniettato eroina nel braccio dell’amica, secondo il suo difensore, quella sera non agì con la volontà di farle del male.
Lo fece semmai assecondando la volontà della ragazza. Manca l’elemento soggettivo dell’omicidio preterintenzionale: l’accusa per il legale non regge, come non regge la richiesta a 12 anni di reclusione formulata nei suoi confronti dal pm Benedetta Callea non più tardi di un mese fa. In quelle 48 ore - è emerso nel corso delle indagini e ha evidenziato l’avvocato Cominotti - i giovani assunsero sostanze tossiche di varia natura.
Al termine di quel tour de force impossibile stabilire quale abbia in concreto provocato la morte di Francesca: se l’eroina iniettata nel suo braccio o il potentissimo mix assunto in quel fine settimana. In assenza dell’intenzione di far male e di un nesso di causa-effetto evidente Michael Paloschi, per il suo difensore, non può che essere assolto. Assoluzione dall’accusa di spaccio o derubricazione in fatti di lieve entità hanno chiesto invece i difensori degli altri imputati, per i quali l’accusa aveva chiesto condanne tra l’anno e i 4 mesi e i 7 anni. Il 10 gennaio la parola passerà al difensore dell’amica di Francesca presente quella sera e accusata di omissione di soccorso. Poi tornerà al giudice per la sentenza.
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