Flash, telecamere, code: si apre il set del processo Bossetti
Da giorni i vertici della giustizia bresciana ripetevano: «Per il palazzo di giustizia sarà un processo normale».
Ma già dalle otto del mattino si capisce che non è così. Via Gambara chiusa, decine di telecamere appostate all'ingresso, flash dei fotografi che scattano a ripetizione. E sopratutto una sessantina di persone in coda. Per aspettare di entrare in aula e assistere all'appello di Massimo Bossetti.
È il processo dell'estate: alle 8.05 arrivano gli avvocati Salvagni e Camporini, i legali di Bossetti. Sfilano davanti alle telecamere, ma non parlano. Alle 8.15 è il turno di Ester Arzuffi e Laura Letizia Bossetti, madre e sorella dell'imputato. Cinque minuti dopo ecco Marita, la moglie di Bossetti.
Alle 8.30 la famiglia più chiacchierata d'Italia è tutta all'interno del tribunale Bresciano. Massimo Bossetti arriva sul blindato della polizia giudiziaria alle 8.38. Viene fatto entrare dal retro, impossibile riprenderlo con le telecamere.
In aula nel frattempo è tutto pronto, cinque minuti prima delle nove prende posto il sostituto procuratore generale Marco Martani che in un anno è passato dall'inchiesta per la morte di Trifone Ragone e la fidanzata Teresa uccisi a Pordenone, dove Martani era procuratore capo, al caso Yara.
Alle 9.55 entra nella cella di sicurezza dell'aula 64 Massimo Bossetti. Jeans, camicia bianca e abbronzatura più da mare che da carcere. Saluta la moglie, poi un cenno a madre e sorella. Alle 9.13 il presidente della Corte d'Assise d'Appello dà inizio al processo. «La nostra intenzione è quella di fare un processo tranquillo e sereno». Al centro del quale è e resta il nodo del Dna.
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