Finché c'è guerra, non c'è speranza

Guerre, donne, comando: un'altra riflessione firmata Augusta Amolini
Margherita Kaiser Parodi, una crocerossina caduta al termine della Grande Guerra nel 1918 - Foto © www.giornaledibrescia.it
Margherita Kaiser Parodi, una crocerossina caduta al termine della Grande Guerra nel 1918 - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Un tempo c’erano luoghi dove nessuno scriveva il nome di una donna. Dentro i cimiteri di guerra riposavano le spoglie mortali solo degli uomini, testimoni silenziosi di un monito rivolto ad una umanità incapace di convivere pacificamente.

La Storia dei conflitti armati restituisce figure femminili marginali, sminuite nelle azioni e troppo spesso dimenticate anche dai libri di testo. Eppure fra i 100.000 nomi dei soldati sepolti a Redipuglia c’è quello di Margherita Kaiser Parodi, una crocerossina caduta al termine della Grande Guerra nel 1918.

Il suo nome emerge inaspettato, come una voce fuori dal coro. Poche parole incise sul marmo che suscitano commozione: «A noi fra bende, fosti di carità l’ancella; morte tra noi ti colse, resta con noi Sorella». Aveva solo 21 anni quando morì e il suo coraggio è stato recentemente ricordato in occasione delle celebrazioni per i 110 anni della fondazione del Corpo Infermiere Volontarie di Croce Rossa.

Non fu vittima di una scheggia, bensì della «spagnola», la terribile influenza che avrebbe causato milioni di morti in tutta Europa. Il suo posto nel Sacrario militare, costruito sulla pietraia carsica goriziana, lo ottenne meritando una medaglia di bronzo al valor militare. Fu il riconoscimento dell’azione umanitaria in cui tanto aveva creduto.

Se anticamente misere contadine seguivano le truppe per spogliare i cadaveri dei loro poveri averi, da sempre altre donne hanno accompagnato i convogli militari. Vivandiere, cuoche o prostitute, queste le mansioni che tradizionalmente sono sempre state loro assegnate.

Il radicale cambiamento culturale contemporaneo vede le donne italiane accedere all’Accademia militare di Modena, il santa sanctorum dell’Esercito, dove veniva forgiata l’attitudine al comando di regnanti e generali, i cui nomi ritornano costantemente nella toponomastica.

Oggi per legittima scelta di autodeterminazione, le donne-soldato sono diventate parte attiva e armata della difesa dei confini e nelle operazioni internazionali di peace- keeping, quando le regole di ingaggio lo prevedono.

Se nel momento in cui viene stabilito l’impiego delle armi esse potessero scegliere di rivendicare la «diversità» di genere, è probabile che molte affermerebbero la loro alterità, derivata dalla naturale condizione di essere madri, portatrici di vita. L’esperienza ci dice che la realtà continua a mostrare la guerra come un’opera degli uomini, mentre i vecchi, le donne e bambini seguitano ad essere le vere vittime sacrificali di ogni conflitto.

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