Festa delle genti: «Popoli uniti nelle diversità»
«La Chiesa è una, ma non omogenea: sa coniugare l'unità dei diversi popoli nella forma dell'amicizia e della reciproca fermentazione. Non dunque una mescolanza che annulla le identità, ma un mosaico che le esalta, dentro un quadro unitario. La Chiesa è chiamata a fornire al mondo la testimonianza di qualcosa che potrebbe sembrare impossibile, che cioè si può camminare insieme anche quando si è diversi».
Così mons. Pierantonio Tremolada nell'omelia della messa dei popoli, celebrata in Duomo nel giorno dell'Epifania in occasione della Festa delle genti. Un caleidoscopio di lingue, musiche, abiti e colori nell'unità della fede.
«Cominciamo dunque noi, noi che condividiamo la stessa fede nel Signore Gesù Cristo. Offriamo al mondo globalizzato che ci guarda in ogni luogo in cui siamo l'immagine attraente di una famiglia di popoli, di una convivialità di culture - ha detto ancora il vescovo mons. Tremolada -. Mostriamo a tutti come in nome di Cristo si possa stringersi la mano con simpatia, comunicare in una lingua che ci permette di comprenderci senza cancellare necessariamente la propria, sentirsi parte di una cultura che accoglie rimanendo fieri della propria e vedendola riconosciuta con rispetto e simpatia».
Il vescovo ha ripercorso l'arrivo dei «Magi che giunsero dall'Oriente a Gerusalemme: gli abitanti della città con alla testa il loro re riservarono un'accoglienza che non fu entusiasmante. Non seppero condividere il loro stupore per la scoperta del segno celeste, la gioia per il grande evento annunciato, la gratitudine per la rivelazione ricevuta. Non furono ammirati dalla loro decisione di intraprendere un così lungo viaggio. Qualcuno tentò addirittura di servirsi di loro per fini criminosi».
Magi partiti da ogni angolo della Terra per portare doni a Gesù Bambino, Magi cittadini del mondo come lo sono i giovani d'oggi: «Dovremo tenere lo sguardo fisso sulle nuove generazioni - ha concluso mons. Tremolada -, sui nostri ragazzi e giovani, il cui futuro di comunione domanda di essere costruito a partire dal presente. Molto più di noi adulti essi si sentono cittadini del mondo e insieme figli di una terra: con loro dovremo sempre meglio capire che cosa questo significa, tenendo conto delle forti trasformazioni in atto».
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