Felice Maniero, i giudici: «Incuteva paura alla compagna»
«È evidente e logico il differente peso che può assumere una minaccia rivolta da un quisque de populo e una minaccia proveniente da un soggetto pregiudicato come Maniero, che aveva commesso reati di ogni genere».
Lo scrive la Corte d’Appello di Brescia nelle 17 pagine di motivazioni della sentenza di condanna a quattro anni per maltrattamenti pronunciata lo scorso 7 dicembre nei confronti di Felice Maniero. Le motivazioni sono state depositate nelle scorse ore.
L’ex boss del Brenta, oggi in carcere a Pescara, era stato arrestato a Brescia nell’ottobre 2019 per violenza fisica e psicologica sulla compagna Marta Bisello, con la quale conviveva in città con una nuova identità. La donna era riuscita ad ottenere il trasferimento in una struttura protetta nell’estate precedente all’arresto del compagno.
Maniero, che in fase di indagine aveva ammesso alcuni episodi di maltrattamenti fisici e psicologici, in aula durante il processo aveva sostenuto che i dissidi tra la coppia iniziarono in coincidenza della crisi economica che colpì la famiglia, la quale dunque non poter più godere dell’elevato tenore di vita precedente e la donna, invece di aiutare il marito a gestire con la nuova e delicata situazione, inizia a disamorarsi e a lamentarsi di pretesi maltrattamenti, quando invece i litigi erano reciproci.
«Finiti i soldi, finito l’amore» disse l’ex boss del Brenta difeso prima dall’avvocato Luca Broli e poi in appello dall’avvocato Rolando Iorio. Per i giudici d’appello: «Le dichiarazioni della persona offesa vanno considerate attendibili sulla scorta di diversi indici di valutazione. Innanzitutto l’incipit del procedimento penale non evidenzia certo una predeterminata intenzione di accusare l’imputato bensì mette in luce una notevole riluttanza ed incertezza nel denunciare il compagno, tanto che la querela viene formalizzata dopo rispetto ai primi contatti con le Autorità».
La Corte d’Appello di Brescia aggiunge: «È evidente che un tale atteggiamento mal si concilia con un preordinato disegno volto alla propalazione di accuse false contro l’imputato, mentre appare del tutto coerente con la situazione descritta dalla donna stessa e resa ancor più verosimile dalla personalità di Maniero, quale emerge dai suoi impressionanti trascorsi di criminalità organizzata, denotanti uno spessore criminale tale da incutere verosimilmente sentimenti di notevole paura».
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