Ex Ici, la Loggia vince la causa da 16,6 milioni
Quando era esploso il caso facendo andare su tutte le furie i sindaci di tutt’Italia (e lasciando in eredità un’emicrania da capogiro agli assessori al Bilancio), l’avevano battezzata «la rivolta dell’Ici».
Un’azione semi-diplomatica capitanata dall’Anci e un rosario di ricorsi dei singoli comuni (Brescia inclusa) più tardi, i nodi iniziano a venire al pettine, per buona pace degli assessori al Bilancio e della loro emicrania. Sul taglio dei trasferimenti legato sì alla ex Ici (la tassa sugli immobili poi trasformatasi in Imu) ma pure al catasto, ora lo Stato è ufficialmente in debito con la Loggia. E la cifra è da capogiro: oltre 16 milioni di euro, 16.620.496 per la precisione.
La vicenda. A sancirlo è la sentenza di primo grado che riporta timbro e firma del giudice Daniela Fedele: nel ricorso presentato dall’Amministrazione comunale di Brescia, che ha chiamato in causa Ministero dell’economia e delle finanze e Ministero dell’Interno, «la domanda del Comune è accolta». E Roma dovrà anche farsi carico di spese processuali (1.680 euro) e compesi professionali (20mila euro). Gli anni di riferimento al centro della causa civile che Palazzo Loggia ha prontamente intentato sono quelli dal 2001 al 2009.
Sul tavolo degli imputati ci sono i «minori introiti» nel portafoglio pubblico, legati a doppio filo alla riorganizzazione catastale degli immobili e, in particolare, al calcolo della rendita degli edifici classificati nella categoria del gruppo «D», passati appunto ad autodeterminazione del valore catastale. Di quali strutture si tratta? Di quelle cosiddette «a destinazione speciale» ovvero di fabbricati commerciali e industriali posseduti interamente da imprese. Rendita. Cosa è successo? Nel 2000 è stato riconosciuto agli enti locali il diritto ad incassare contributi statali compensativi, così da colmare la perdita del gettito Ici.
Un taglio «dovuto all’iscrizione in catasto dei fabbricati», in precedenza tassati sulla base del valore indicato nel bilancio di ciascuna impresa (valore spesso più elevato rispetto a quello calcolato sulla base della rendita catastale), rivalutato e aggiornato di anno in anno. Questo rimborso per il comune di Brescia si traduce in un tesoretto che supera i 16,6 milioni di euro. Tesoretto che i due Dicasteri non intendevano corrispondere (o, almeno, non in toto) alla Loggia. Di qui, la decisione di avviare la causa civile che il Comune di Brescia ha appunto vinto in primo grado. Di certo il percorso per incassare i fondi sarà lungo e quasi certamente i Ministeri impugneranno la sentenza, ma a fare scuola (e fare ben sperare) sono gli iter già conclusi in altri Comuni, come nel caso di Monza. Dove, anche in seconda istanza, il Tribunale ha condannato lo Stato a restituire i fondi all’ente. Una boccata d’ossigeno che, quando sarà incassata, potrà rivelarsi preziosa per servizi ed investimenti.
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