Erigiamo monumenti alle spose bambine

Da Indro Montanelli alla riflessione sulle persone che vengono tramutate in simboli
Sposa bambina (simbolica) -   © www.giornaledibrescia.it
Sposa bambina (simbolica) - © www.giornaledibrescia.it
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Come un sasso nella scarpa ci ricorda che abbiamo i piedi, la vernice che ha imbrattato la statua di Indro Montanelli ci costringe a fare i conti con il passato guardando in faccia il presente. Il gesto vandalico ha riesumato il «madamato», retaggio di una prepotenza coloniale che sembrava sepolta nel dimenticatoio, rammentando a tutti la violenza ancora esercitata nei Paesi dove è consentito il matrimonio precoce con ragazzine, violate nella salute fisica e mentale per sempre. La nostra società fondata sulla disuguaglianza di genere è lordata da azioni predatorie, ogni giorno nelle foreste urbane i cuccioli di uomo vengono espropriati del diritto di crescere felici, mortificati nel corpo e uccisi nello spirito da adulti indegni che vengono meno al loro ruolo di custodi-educatori. Accade nelle case dove padri snaturati diventano orchi, a volte sotto lo sguardo impotente di madri che non riescono a proteggerli. Avviene nelle scuole dell’infanzia dove educatrici inqualificabili li picchiano, negli oratori dove dovrebbero poter giocare al sicuro. Succede dove viene tollerata la piaga del turismo sessuale e dovunque i minori vengono sfruttati.

Il gesto compiuto contro l’immagine del giornalista induce a una riflessione parallela sulle persone che vengono tramutate in simboli. Se potessimo esplorare la mente, come nella serie televisiva «Black Mirror», potremmo conoscere le azioni compiute da illustri personaggi a cui la toponomastica ha dedicato piazze o titolato strade. È probabile che vedremmo molti scendere dal basamento, sbugiardati dalla loro discutibile onestà. Presto o tardi il vento fa il suo giro e il tempo galantuomo fa riaffiorare le verità nascoste anche fra le pieghe più strette. Sempre!

I Romani credevano che nel nome di ogni uomo fosse contenuto il suo destino, Montanelli si chiamava Indro e non Cilindro come qualcuno sosteneva. «Nomen omen», come quarto nome gli fu imposto Schizogene, il cui profetico significato lo definiva: «generatore di separazione, ovvero più volgarmente, seminatore di zizzania». Egli pur sapendo infilare le parole come perle non riuscì a discolparsi dell’abuso consumato su Destà, giustificandolo come una tradizione abissina. Forse non avendo avuto dei figli non fu mai del tutto pentito. Erigere accanto alla sua statua un monumento per ricordare tutte le spose bambine, alle quali è stato imposto di crescere troppo in fretta, sarebbe un atto di giustizia virtuosa e riparatrice. Non credo sarà mai realizzato ma sarebbe più efficace di mille parole.

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