Eleonora Cantamessa, lezione di vita dietro la tragedia

Presentato il libro "Eleonora Cantamessa, la samaritana moderna", dedicato alla dottoressa uccisa in strada a Chiuduno.
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Una donna giovane, bella. Una dottoressa, amata e stimata che, in piena notte, si ferma a soccorrere un uomo ferito per strada. E viene uccisa.

Possono una madre, un padre, un fratello, di fronte a tale tragedia, perdonare l’assassino? Sì, possono. «Ma non parlerei di perdono, una parola di cui non ho avuto bisogno perché non ho mai provato sentimenti di odio. Se lo avessi fatto, avrei tradito il gesto estremo di mia figlia». È trascorso poco più di un anno dall’8 settembre 2013, quando la ginecologa Eleonora Cantamessa di Trescore Balneario venne uccisa in strada a Chiuduno, paese della Bergamasca poco distante dalla sua abitazione. In molti, per parlare di lei e ricordarla insieme alla sua famiglia, si sono incontrati pochi giorni fa proprio a Trescore, dove è stato presentato il libro «Eleonora Cantamessa, la samaritana moderna» di Giustino Perilli (edizioni Palumbi).

Eleonora si era laureata in Medicina a Brescia e, dopo la specializzazione in Ginecologia, aveva lavorato all’Istituto clinico Sant’Anna per quindici anni. Fino a quella tragica domenica dell’8 settembre.
«Con la morte di mia figlia si è chiusa una porta ed è rimasto il buio totale. Ma, contemporaneamente, se n’è aperta un’altra, piena di luce luminosa, che continua ad entrare, ininterrottamente» racconta la madre che, da quella luce, trae forza per pronunciare parole ferme, malgrado l’emozione si insinui per spezzarle.
E non si può certo relegare ad una semplice casualità il fatto che il nome Eleonora, scelto da Mariella e Mino per la figlia, derivi dall’ebraico «El Nur», che si traduce «Dio è luce». Ma che può essere fatto risalire anche al provenzale «Hellionor», ovvero «creatura che ha pietà».

Una donna piena di «luce e pietà», che compie un gesto straordinario, ed ordinario nel contempo e che, nel tragico epilogo, diventa un’eroina. Nel libro si racconta «la storia vera di una donna come tante, di un medico capace, di un cuore generoso, ma sempre operante nella quotidianità». Ed è proprio questo il punto: ciò che può apparire rivoluzionario, perché portato alle sue estreme conseguenze, di fatto si compie accanto a noi, nei gesti delle persone che ci stanno a fianco e che, spesso, non vediamo nella fretta del cammino.
«Eleonora ci ha insegnato ad amare il prossimo incondizionatamente, ad essere fedeli ad un giuramento, a compiere il proprio dovere fino in fondo, a confidare nell’aiuto di Gesù» ha aggiunto la madre. Come la parabola del buon samaritano contenuta nel Vangelo di Luca che insegna ad amare «non solo chi è bisognoso, ma a farci prossimo per i nostri fratelli».

Una disponibilità totale verso gli altri, quella che spingeva la giovane donna «a portare aiuto, soccorso, medicamento a chiunque ne avesse bisogno, senza chiedere nulla in cambio al punto che io, a volte, le dicevo che il suo studio medico si stava trasformando in consultorio. "So io che fare", mi rispondeva», racconta la signora Mariella.

«Mi consola un pò la speranza che l’insegnamento del suo sacrificio non vada perduto, che il suo coraggio e il suo amore, la sua sensibilità possano contribuire a migliorare questo mondo inaridito dalle logiche dell’egoismo, del profitto e della discriminazione», ha aggiunto la madre. Una consolazione che ha iniziato a seminare i suoi frutti già nelle prime notti dopo la morte di Eleonora quando i genitori, insonni, si interrogavano sul fatto di non provare alcun rancore nei confronti di colui che aveva investito ed ucciso la figlia. O quando, dalle prime ore e senza sosta, il campanello della casa di Trescore è iniziato a squillare per aprire la vita a nuovi incontri e ad orizzonti di luce. «È l’Italia migliore che emerge da queste pagine», è scritto nel libro. È l’Italia migliore che emerge dall’ordinaria straordinarietà delle molte persone speciali, come Eleonora.

Anna Della Moretta

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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