E se fosse vero che conta (anche) il calcetto?

Forse aveva ragione il ministro del lavoro Giuliano Poletti, quando ha detto che per trovare lavoro «il rapporto di fiducia è un tema essenziale»
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E se l’avesse indovinata il ministro del lavoro Giuliano Poletti quando ha detto che per trovare lavoro «il rapporto di fiducia è un tema sempre più essenziale» e quindi «si creano più opportunità a giocare a calcetto che a mandare in giro i curricula»? Poletti è stato sommerso di critiche (e insulti). Un ministro del lavoro non può dire queste cose, gli è stato rinfacciato.

Ma in fondo cosa ha detto? Semplicemente che per trovare un posto sono importanti anche le conoscenze, i rapporti con le persone. I depositari del verbo del politicamente corretto lo hanno accusato di fomentare la raccomandazione. Non è ovviamente così. Il ragionamento è molto semplice, e sensato. Trovare lavoro oggi può apparire complicato come scalare l’Himalaya.

Quale strada seguire? Non bastano i canali tradizionali, serve creatività. Serve sapersi vendere. E lo si può fare anche con persone che si incontrano sul campo del calcetto. Non solo, anche piccoli lavoretti che non rispondono certo alle nostre aspettative possono spalancare le porte di radiosi futuri professionali. Se la fortuna ci mette del suo è certo meglio.

L’importante, quando si parla di lavoro, è la concretezza e l’onestà intellettuale. È un po’ come la questione dei giovani che vanno all’estero. Prima tutti a dire che ormai viviamo nel mondo globalizzato, che bisogna aprire la mente, imparare le lingue, fare esperienze. Poi quando un ragazzo (o una ragazza, non sia mai che non si rispettino le pari opportunità) trova appunto lavoro, per dire, a Londra cosa succede? Parte la lagna dei cervelli in fuga, del Paese che non sa valorizzare i suoi talenti.

Ma non è finita, perché se il giovane in questione rifiutasse il posto nella capitale inglese sapete cosa succederebbe? È facile: verrebbe subissato di critiche e catalogato come bamboccione e mammone, il solito provinciale che vuole lavorare vicino a casa. Perché anche criticare può diventare un lavoro.

 

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