E finalmente arriva Cristina D'Avena
Non ho mai cantato sotto la doccia. Non sono neppure capace a fischiare. Sono stonato. A dire il vero, una volta una ragazza mi disse che non è vero: la tua voce ha soltanto bisogno di essere educata, sentenziò con sicumera. Era eccessivamente ottimista e per di più era innamorata di me, non potevo fargliene una colpa ma preferii non prestarmi al ruolo dell’educanda. Durante il servizio civile un monsignore mi propose di entrare nel coro della Cattedrale, la mia voce profonda lo aveva colpito. Il mio ego ne fu lusingato, ma non cedetti.
Il mio rapporto con la musica è quindi da sempre soltanto da fruitore. Ovvio che il Festival di Sanremo costituisca un punto fermo, un appuntamento irrinunciabile. Premettendo che ritengo Pippo Baudo l’unico vero presentatore, da anni mi metto in poltrona preparandomi al peggio. Conduttori che non conducono, comici che non fanno ridere, canzoni banalmente inascoltabili, siparietti patetici che dovrebbero stupire e fanno soltanto sbadigliare. Insomma il massimo connubio tra trash e kitsch.
Stavo stancamente sorseggiando della spuma quando finalmente è arrivata lei: Cristina D’Avena. La seguo dai tempi di Bim Bum Bam. Da qualche anno però è cambiata, basta noi siamo i Puffi blu e o-o-o-occhi di gatto. È salita sul palco dell’Ariston ed è parsa un mix tra la rassicurante Mary Poppins e l’audace Jessica Rabbit. Un fremito mi ha attraversato. Mi sono alzato e ho cantato: dimmi perché quando penso, penso solo a te, dimmi perché quando vedo, vedo solo te, grande amooore!
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