Droga, la rinuncia del ruolo di educatori

La storia agghiacciante di Desirée è la narrazione della disperazione giovanile e del degrado urbano. La riflessione di Giuseppe Maiolo
Il complesso abbandonato in via dei Lucani a San Lorenzo dove è stato trovato il corpo senza vita di Desiree Mariottini - Foto Ansa
Il complesso abbandonato in via dei Lucani a San Lorenzo dove è stato trovato il corpo senza vita di Desiree Mariottini - Foto Ansa
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La storia agghiacciante di Desirée Mariottini è la narrazione drammatica della disperazione giovanile e del degrado urbano, ma soprattutto umano. Dimostra che i giovani di oggi non sono in grado di cogliere il rischio delle loro azioni o individuare i pericoli che attorniano l’esistenza. Ma ci dice anche che li abbiamo imbrogliati e li stiamo ancora ingannando con l’ipocrisia delle parole e l’assenza di quei gesti che dovrebbero invece coltivarne la crescita e farli diventare autonomi e maturi. Abbiamo permesso che proliferasse quella «banalità del male» che Hanna Arendt individuava nell’inconsapevolezza delle azioni, cioè nel non sapere cosa produce un gesto e dove conduce un’azione.

La sollecitazione della Corte Costituzionale al Parlamento a legiferare ulteriormente sulle questioni che riguardano la vita delle persone - prendendo spunto da un quesito relativo alla legittimità di comportamenti in occasione di altrui scelte in merito alla conclusione della propria esistenza - pone in risalto che gli schemi entro i quali si è fin qui alimentata la convivenza sono sempre più in discussione. Scienza, tecnica, tecnologia, comunicazione istantanea multimediale cambiano il passo e la sostanza del pensiero.

Subire o intervenire? Resistere nella cittadella assediata oppure provare ad animare la trasformazione sociale? La Corte prende tempo un anno. Intanto che accade? E se al dunque resta l’incertezza, deciderà un giudice a Roma? Per questo assume particolare rilievo il convegno che lunedì prossimo, 5 novembre, Congrega della carità apostolica e Consiglio notarile promuovono, nel pomeriggio, all’Auditorium Capretti dell’Istituto Artigianelli sul tema «Conoscere per decidere: come prefigurare le scelte di fine vita».

All’occhio che corre via può apparire l’attenzione ad un passaggio specifico, il fine vita. Ad una riflessione appena accennata appare chiaro che in campo c’è il senso dell’esistenza. Un tempo si spiegava: dalla culla alla tomba, dal nascere al morire. Spostando progressivamente i paletti del quando si nasce e quando si muore.

Bisogna conoscere la situazione e avere la volontà di decidere. In settimane che scandiscono il proliferare della narrazione di episodi di violenza che mescolano desiderio di apparire come rivendicazione di esistere, droga usata direttamente e spacciata a tutto tondo per trovare soldi, sesso utilizzato per farsi spazio e depredato senza limiti cresce la domanda: dove abbiamo sbagliato?

Al contempo la risposta fatica ad emergere. Per fare un esempio immediato: capita di sentire conduttori di trasmissione televisive descrivere feroci comportamenti come non ascrivibili a persone ma ad un branco di bestie e subito venire rimbrottati da chi vi intravede una mancanza di rispetto verso il mondo animale.

Il linguaggio abitudinario viene respinto. Scontato che sul banco dei condannati si inchiodino famiglia e scuola. Se si chiede quale famiglia e quale scuola possano intervenire per modificare i comportamenti, ci si impantana nelle contraddizioni. Finisce che nella difficoltà di sintesi operativa avanzano, contrapposte, le più estreme soluzioni: dal ciascuno faccia quanto gli pare alla richiesta di un modello comportamentale imposto e certificato. Quel che resta della politica prova a sopravvivere o cavalcare l’onda della rottamazione diffusa.

Fino a quando può durare? Un uomo di legge bresciano invita a riflettere: il nostro modo di pensare si scontra con il contesto attuale; prevale il vivere alla giornata piuttosto che il seminare per un raccolto diffuso, ancor meno l’agire per costruire la casa di chi verrà. Non suonasse un paragone per loro offensivo, aggiunge, si impone la logica della sopravvivenza quotidiana, che apparteneva alle popolazioni afflitte dalla fame del giorno per giorno. Restano due modalità: adattarsi o reagire. L’una e l’altra rivendicano il conoscere per decidere. Lo praticano per opposte finalità. Il convegno di Congrega e Notai non suggerisce equivoci.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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