Dopo 22 anni il titolare di Dukka è italiano: «Ora posso votare»
«Sono arrivato in Italia alla fine del’99 e solo adesso ho ottenuto finalmente la cittadinanza», così Iyas Ashkar, ristoratore e voce dell’Associazione Italia-Palestina, commenta la sua (nuova) cittadinanza - oltre a quella israeliana - ricevuta lunedì 7 febbraio in Loggia a quasi cinque anni dalla sua richiesta.
«Cosa mi ha spinto a chiederla? Il diritto di voto. Da quando ho un’azienda, dei dipendenti e dei collaboratori, sono cresciute le responsabilità che sento. Mi sentivo impotente nel vedere elezioni amministrative o politche senza poter partecipare. Andrò a chiedere la tessera elettorale prima del passaporto», commenta Ashkar, ex titolare del ristorante I Nazareni in via Gasparo da Salò a Brescia, che da pochi mesi ha aperto il Dukka appena dietro l'angolo, in via Musei. Un’impresa non da poco, anche considerati i tempi di pandemia.
La storia
Arrivato in Italia per studiare Medicina, Iyas Ashkar dopo essersi formato in Abruzzo si trasferisce a Brescia per terminare il ciclo universitario. «Sono arrivato in città per studiare e anche per avere delle possibilità lavorative in più; fin da subito mi sono sentito accolto e parte della città. Ora, dopo tutti questi anni, sembra un traguardo quando in realtà avrebbe dovuto essere un passaggio naturale e invece per la lunghezza del percorso, per i requisiti, per la burocrazia ho dovuto aspettare anni».
Gli anni a Brescia
A Brescia, la sua «metropoli in miniatura con una curiosità che cresce sempre di più», Iyas Ashkar è diventato negli anni un volto molto noto, non solo per la comunità palestinese. Tra le persone presenti con lui al momento del giuramento è stato naturale scambiarsi cenni d’intesa per la fine di un vero e proprio calvario come quello del rinnovo periodico del permesso di soggiorno. Una pratica non solo dai tempi burocratici molto dilatati, ma anche molto onerosa in termini economici. «Legare il permesso di soggiorno ai contratti lavorativi è un incubo che può durare anni e che si ripresentava ad ogni scadenza». Questi 4 anni e mezzo non sono stati facili perché, prosegue il ristoratore attivista, «il timore che la legislazione cambiasse e che le tue condizioni di allora non fossero più sufficienti c'erano eccome. Penso che sia davvero ingiusto legare la cittadinanza solo ai motivi lavorativi».
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