Donna di 51 anni muore di legionella: nuova inchiesta
La comunicazione del decesso è arrivata ieri mattina. Dagli Spedali civili di Brescia agli uffici della Procura. Che ora indaga per far chiarezza sulla morte di una donna di 51 anni stroncata dalla legionella.
Sarà l’autopsia disposta dal sostituto procuratore Antonio Bassolino, che sarà eseguita oggi, a stabilire dove e come la signora abbia contratto il batterio che ad inizio settembre si è sviluppato nel Bresciano. Generando un allarme sociale non ancora rientrato, perché resta tutt’oggi da chiarire l’origine dell’epidemia.
Proprio la residenza della vittima è il primo campanello d’allarme per chi indaga perché la 51enne abitava a Provaglio di Iseo. Fuori zona dunque rispetto ai casi che a fine estate hanno interessato in particolare la Bassa bresciana orientale. Come in altri casi di decesso, registrati nelle scorse settimane in tutta Italia, la legionella ha avuto effetti letali su un fisico già segnato.
La donna, infatti, era affetta da una forma tumorale e il batterio, in un quadro dove le difese immunitarie erano al minimo, ha potuto proliferare contribuendo a debilitarla ulteriormente, fino ad ucciderla. La vittima dopo un periodo di degenza in ospedale nei giorni scorsi aveva trascorso il ponte di Ognissanti nella zona di Salsomaggiore. Al rientro a Brescia, domenica scorsa quattro novembre, il quadro clinico è peggiorato fino al decesso.
Il primo aspetto che il magistrato titolare dell’inchiesta vuole capire è ovviamente relativo alla zona di contagio, dato che il periodo di incubazione della malattia è solitamente compreso tra i due e i dieci giorni. Può quindi essersi ammalata in ospedale a Brescia, a casa a Provaglio di Iseo o durante la vacanza a Salsomaggiore. Lontano comunque dalla Bassa fin qui considerata zona rossa.
Per questo la procura ha aperto un’inchiesta nuova e la morte della 51enne non rientra nell’indagine del sostituto procuratore Maria Cristina Bonomo, che da un mese e mezzo indaga per epidemia colposa. Un fascicolo ancora senza indagati perché manca la causa certa dell’epidemia che ha avuto il picco massimo nella prima settimana di settembre.
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