Disparità di genere: nel Bresciano le donne prendono all'anno 10mila euro meno degli uomini
I dati, come sempre, spiegano la realtà molto meglio di tante chiacchiere. E allora eccoli, prendiamo la retribuzione dei lavoratori bresciani: nel 2022 gli uomini hanno guadagnato mediamente 27.883,90 euro, le donne (sempre mediamente) 18.103,97 euro. Una differenza quindi di circa 10mila euro, mica briciole.
Anzi, la differenza di reddito è clamorosa e fotografa la disparità di genere nel mondo del lavoro. Una fotografia scattata dall’Inps nel suo Rendiconto sociale provinciale presentato ieri mattina in Camera di Commercio. Un rendiconto pieno zeppo di numeri, a colpire maggiormente la sezione dedicata all’approfondimento su maschi e femmine, l’approccio di genere insomma.
Massimo Ziletti, segretario generale della Camera di commercio di Brescia, in apertura, ha spiegato che le imprese al femminile (perché donna è la titolare o l’amministratore delegato) sono, in Italia, un milione e trecentomila (circa il 22% del totale), nel Bresciano le imprese in rosa sono 24mila, circa il 20% del totale, un dato in leggerissima crescita che stabilizza quindi l’esistente.
Francesco Cimino, direttore provinciale bresciano dell’Inps ha illustrato i dati nel dettaglio.
La premessa è stata subito sconfortante, nel rapporto annuale del Worl Economic Forum 2022 (che misura in 146 Paesi il divario di genere in termini di partecipazione economica e politica, salute e livello d’istruzione) l’Italia si colloca al 63esimo posto, dopo Uganda e Zambia.
A livello europeo l’Italia è 25esima su 35 Paesi. E un’anticipazione dei risultati 2023 preannuncia posizioni ancora peggiori.
I contratti
La differenza di reddito tra uomini e donne permane in tutte le fasce d’età, in quella 50-54 anni (dove mediamente si raggiungono i redditi maggiori) il divario si fa ancora più significativo: per i maschi il guadagno medio è 34.164,99 euro, per le femmine 21.193,56 euro.
Passando invece a vedere le qualifiche, gli impiegati generici sono in maggioranza donne (il 61%), ma se passiamo ai dirigenti troviamo gli uomini ad occupare i posti nel 78% dei casi. Anche i contratti part-time confermano una marcatissima disparità, gli uomini con contratti a tempo parziale sono il 13,36% del totale, le donne invece praticamente la metà, ovvero il 49,62% del totale. Altro dato emblematico, il lavoro domestico è appannaggio delle donne nell’82% dei casi.
«Dai dati emergono forti disparità anche nel nostro territorio, sia nell’accesso al mercato del lavoro che nei livelli di reddito e retribuzione - ha sottolineato Luigi Ducoli, presidente del comitato provinciale dell’Inps -. Il lavoro è infatti uno degli ambiti in cui i divari di genere sono più visibili. Molto spesso le donne incontrano enormi difficoltà a trovare un impiego e a coprire ruoli apicali e di responsabilità. Complici anche gli stereotipi riguardo al lavoro familiare e di cura, si ritrovano così spesso inattive».
In Italia circa il 30% della popolazione fra 20 e 64 anni non lavora, contro una media dell’area euro del 20%. Questo divario si amplia molto considerando solo la popolazione femminile: considerando la stessa fascia d’età, l’inattività sale oltre il 40%. Questo rappresenta un elemento di forte criticità per il nostro Paese, perché secondo studi recenti se si aumentasse il tasso di occupazione femminile fino a portarlo a pareggiare quello dei maschi (ovvero il 67,1%), il Pil potrebbe salire del 12,4%. L’inclusione delle donne nel mondo del lavoro crea allora una società più giusta e più equa, ma genera anche maggior ricchezza.
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