Diamanti «gonfiati» tra le vittime anche clienti bresciani

Tra i 70 indagati iscritto il manager concittadino Maurizio Faroni, direttore generale Bpm
Diamanti © www.giornaledibrescia.it
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Anno 1969, «dai diamanti non nasce niente» cantava De Andrè.

Anno 2019, dai diamanti è nata un’inchiesta. Che parla anche bresciano. Ad indagare i magistrati di Milano, ma sono diverse tra città e provincia, le persone trascinate nella presunta truffa delle pietre preziose. Vendute dalle banche come bene rifugio a prezzi però anche 50% volte superiore al reale valore. «Che il prezzo praticato fosse ingiustamente almeno raddoppiato - si legge agli atti - è stato appurato anche da Consob».

Nel lungo elenco di vittime oltre al nome di Vasco Rossi, capace di tre acquisti per quasi due milioni e mezzo di euro, ci sono anche piccoli-medi risparmiatori bresciani. Si sono fatti convincere dalle offerte di Unicredit, Banco Bpm, Banca Intesa e Banca Aletti, gli istituti finiti nel registro degli indagati insieme ai circa 70 esponenti del mondo del credito, tra direttori generali, funzionari e direttori di filiali, e a Intermarket Diamond Business e Diamond Provate Investiment, le società che avevano stipulato gli accordi con le banche. «In migliaia di filiali bancarie del territorio nazionale sono state diffuse brouchure per l’acquisto di diamanti da investimento» scrive il gip nelle 84 pagine di decreto di sequestro preventivo di circa 700 milioni di euro complessivi effettuato nei confronti degli indagati. Il riferimento alla nostra provincia non è solo però per le vittime.

Bresciano è infatti anche uno dei coinvolti nell’inchiesta. Il manager bresciano. Si tratta di Maurizio Faroni, 61enne già amministratore delegato di Banca Aletti e ora direttore generale del Banco BPM. Ambienti vicini al manager definiscono l’inchiesta «un fulmine a cielo sereno».

Faroni è accusato di autoriciclaggio (perchè «consentiva l’impiego del profitto del reato di truffa aggravata attraverso la sua reimmissione nell’attività economica, finanziaria ed imprenditoriale della banca» scrive il gip) e di ostacolo allesercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza.

Dagli atti dell’indagine della Guardia di Finanza il nome di Faroni è inserito anche tra coloro che avrebbero ricevuto regali da IDB, la società che vendeva i diamanti e con la quale la banca aveva firmato l’intesa. Un comportamento che andrebbe contro gli accordi che prevedevano che «nessun dipendente, impiegato, funzionario o incaricato dalla banca potrà dare o ricevere in relazione al presente accordo commissioni, compensi, benefici, regali o omaggi».

La Finanza ha invece quantificato che «IDB ha fatto ai vertici delle banche regali per un valore poco superiore ai 99mila euro tra soggiorni presso strutture alberghiere e oggetti di archeologia».

Nella documentazione sequestrata il 21 giugno 2017 nella sede di Intermarket Diamond Business è stata inoltre trovata una ricevuta datata 8 gennaio 2008 a firma di Maurizio Faroni «relativa all’erogazione di 50mila in favore di Amici di Francesco onlus». Si tratta dell’associazione benefica intitolata al figlio del bresciano, morto in giovane età in un incidente stradale. Secondo la Procura già il 21 maggio 2007 IDB aveva donato 100mila euro alla stessa onlus. «Diverse tra le intercettazioni più recenti - scrive il gip milanese Natalia Imarisio - hanno fornito indicazione della diffusa conoscenza quantomeno all’interno di Bpm sia del profitto perseguito dalla banca che della prassi di tali regalie ai dirigenti». Il giudice poi aggiunge che «oggetto di diverse conversazioni è anche la donazione di 150mila euro alla fondazione di Faroni ».

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