«Daspo urbano», fiducia e perplessità fra i sindaci
Il concetto è semplice: non rispetti le regole? Allora preparati a mettere mano al portafoglio e a rimediare di tuo pugno ai danni causati. E se non hai imparato la lezione la prima volta, preparati anche ad essere «espulso». Dalla città oppure da una zona in particolare, per un minimo di 48 ore e fino a un massimo di 5 anni.
A decidere, e a firmare il provvedimento sarà direttamente il sindaco. È questa, in estrema sintesi, una delle misure contenute nel decreto sulla Sicurezza urbana vergato dal titolare dell’Interno, Marco Minniti, ed approvato dal Consiglio dei ministri.
Il testo, suddiviso in 18 articoli, conferisce ai primi cittadini il «potere di ordinanza»: una richiesta che - attraverso l’Anci - è arrivata sul tavolo del Governo proprio per voce dei sindaci stessi, stanchi di non avere gli strumenti adeguati per «fare rispettare le regole», e quindi in qualche modo proteggere i cittadini, sul territorio amministrato.
Vandali, writer, commercianti abusivi, così come coloro che abusano di alcolici o droghe (ad esempio durante la movida), che sono sorpresi durante un accattonaggio «molestro» o una prostituzione «ostentata», verranno allontanati per 48 ore. Per chi è stato colto sul fatto più volte, infatti, scatta il «Daspo urbano», vale a dire l’allontanamento fino ad un anno. Stessa sorte, ma ancor più aspra, toccherà agli spacciatori di droga che agiscono in discoteche e locali di intrattenimento: per loro, i dodici mesi di «esilio» saranno il minimo, la pena massima arriva infatti a 5 anni.
La terza azione è quella che i sindaci hanno invocato con più forza: chi sporca la città dovrà anche ripulirla. Il decreto affida cioè al giudice la possibilità di disporre il ripristino o la ripulitura dei manufatti o dei luoghi sfregiati. Includendo, anche, il risarcimento per chi è stato pizzicato a rovinare o imbrattare palazzi, muri, mezzi pubblici o privati.
Un provvedimento che ha suscitato reazioni tra i sindaci: tutti concordi nell'apprezzare le nuove opportunità concesse loro, ma anche preoccupati che possano tradursi in nuovi oneri da gestire, con le già scarse risorse a dispozione.
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