Dalla Loggia alla nave Mare Jonio: Albini a bordo per i migranti
«Faccio il mio lavoro», dice. Cioè il medico: aiutare e curare le persone, salvare le loro vite, considerarle «come fratelli e sorelle», parafrasando Ippocrate. La differenza è che, dopo anni in ambulatori, consultori e corsie di ospedale, ora Donatella Albini lavora su una nave, la Mare Jonio della piattaforma Mediterranea Saving Humans, in mare per un’attività di monitoraggio e osservazione a tutela dei diritti umani dei migranti che attraversano il Mediterraneo. Pronta, ovviamente, a prestare soccorso a chi è in difficoltà. Lo farà per due settimane circa, dopo la partenza da Licata venerdì scorso.
Ginecologa, sulla nave è medico di bordo, affiancata da un’infermiera. Albini, però, non è solo una professionista con una lunga esperienza alle spalle: è consigliera comunale a Brescia, nelle fila della lista «Sinistra a Brescia», con delega alle politiche della sanità. Molto attiva nella difesa dei diritti delle donne, porta inevitabilmente un riflesso istituzionale su quella che Matteo Salvini chiama «la nave dei centri sociali» e che in passato ha ricevuto invece il sostegno da altri enti locali, come i comuni di Napoli, Palermo e Milano, attraverso i sindaci Luigi De Magistris, Leoluca Orlando e Beppe Sala.
E mentre sempre Salvini accusa Mediterranea e le ong di essere il braccio operativo di «un’invasione programmata», di una «sostituzione etnica», Albini non ci ha messo molto a decidere che era venuto il momento di salpare per aiutare i migranti. «Ho mandato il curriculum nei mesi scorsi - racconta al telefono -. Quando la Procura ha dissequestrato la nave mi hanno chiamata per dire che era arrivato il momento di partire». Con ancora pochi giorni di navigazione alle spalle, per il momento non ci sono state missioni di salvataggio, ma le comunicazioni con allarmi la cui consistenza è da verificare sono frequenti.
«Ora stiamo scrutando il mare perché sembra che ci sia una segnalazione», raccontava nel pomeriggio. Poco prima la nave aveva monitorato da lontano le operazioni di trasbordo di cento migranti da un gommone alla nave Eleonore, dell’ong tedesca Lifeline. Le giornate, assicura, «sono lunghe e pesanti», ma non ha dubbi sul fatto di essere nel giusto. «Sono a bordo perché sono un medico e, semplicemente, faccio il mio lavoro. L’ho fatto in Irpinia, a Sarajevo, in Africa. L’ho fatto per trent’anni in ospedale in Italia, oggi lo faccio nei consultori, e anche in mezzo al mare», è la testimonianza di Albini sulla pagina Instagram di Mediterranea.
Mare Jonio non è un’imbarcazione qualsiasi. Sottoposta due volte a sequestro per avere fatto sbarcare migranti in Italia, in aprile e in maggio, con l’ipotesi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, è sempre riuscita a tornare in mare. Ed è l’unica nave non governativa battente bandiera italiana che monitora ciò che accade nel Mediterraneo, sostenuta da una piattaforma che raccoglie associazioni grandi e piccole italiane. Il suo armatore è Beppe Caccia, un altro bresciano, attivo da sempre nell’area antagonista, per quanto la definizione sia limitante.
«Donatella ci aiuta con le sue competenze in ambito medico, ma anche con la sua umanità nel rapporto con gli altri volontari - dice Caccia -. Il fatto che sia ginecologa è importante, visto che in diverse occasioni abbiamo soccorso donne incinte». Caccia accusa il decreto sicurezza bis di essere inumano, visto che «trasforma in un reato il fatto di salvare delle vite umane». L’altra nave di Mediterranea, Alex, è sotto confisca proprio per le norme previste dal decreto. «È ora di ripristinare lo stato di diritto», dice Caccia, auspicando una revisione della legge. E sulle parole di Salvini, che li accusa di connivenza coi trafficanti, ha poco da dire: «Non seguo le sue esternazioni. Ho l’impressione che resteremo più a lungo noi in mare che lui al Viminale».
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