Dalla Florida all'Italia per passione della Mille Miglia: la storia di Enrique Napp
Se le macchine sono una religione, Tazio Nuvolari è stato un grande profeta e Brescia è un po’ come il Vaticano. Parola di Enrique Napp, artista argentino che ha lasciato il lusso e le spiagge della Florida per trasferirsi a Castel d’Ario. Un borgo di sole quattromila anime, ma in una posizione baricentrica rispetto a «grandi capitali dell’auto» come Brescia, Mantova e Modena. Soprattutto, però, Castel d’Ario è il luogo natio di Nuvolari: un paio di anni fa Enrique ha scelto di aprire il suo atelier proprio lì, a non più di duecento metri dalla casa del «campione più grande di tutti i tempi», per il quale nutre una sincera venerazione.
E al quale ha dedicato anche il disegno che impreziosisce la copertina dell'inserto speciale Mille Miglia in edicola martedì 13 giugno con il Giornale di Brescia. «Volevo rendere omaggio a lui e a tutto quello che rappresenta», ci spiega. All’ombra della Loggia, troviamo «Nivola» al volante dell’Alfa Romeo che portò alla vittoria nella Mille Miglia del 1933. «Sono passati esattamente novant’anni da allora. E settanta da quando ci ha lasciati. È un doppio anniversario da celebrare».
Enrique adorava la corsa bresciana fin da bambino, quando viveva in Argentina: a scuola ogni occasione era buona per disegnare auto e piloti, anche a rischio di essere rimproverato dalla maestra. Diventato più grande, si è laureato in Architettura, ma non ha mai perso la sua vena artistica. Finché nel 2014 ha deciso di trasformarla in una professione, cambiando radicalmente vita. L’altra svolta è arrivata quando, sei anni dopo, ha scelto di lasciare Miami per approdare nel Nord Italia, la «patria» dell’automobile classica. «Volevo stare vicino al mio mito. E alla Mille Miglia, che non è solo la gara più importante del mondo, ma è anche una festa estetica. Ci sono le macchine certo, ma c’è pure un’atmosfera speciale che porta gioia in ogni paese in cui passa la corsa».
Con i suoi dipinti, dallo stile unico e tanto più complesso quanto più li si guarda da vicino, Enrique racconta storie, passioni e stili di vita. È proprio così che intende l’arte nella sua essenza. Anche se in fondo, come aveva intuito Marinetti, «la macchina stessa è un’opera d’arte».
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