Dal Kosovo a Chiari, cellula jihadista «minacciava» il Papa
Contro Papa Francesco: «Non ci sarà più un Papa dopo questo, questo è l'ultimo». E contro il popolo francese colpito al cuore dagli attacchi del 13 novembre scorso: «Dio distrugga la Francia, oh Signore, che fino a ieri i suoi aerei in Siria non hanno lanciato caramelle...». Corre ancora una volta in rete l'odio razziale e la propaganda jihadista. È quanto emerso dall'inchiesta coordinata della Procura di Brescia che ha portato ad un arresto in Kosovo, a due espulsioni, una a Brescia e l'altra a Savona e, per la prima volta, a una misura di sorveglianza speciale, a Vicenza, oltre a due perquisizioni a Perugia.
«Siamo intervenuti in una fase di propaganda e apologia prima che potessero esserci problemi sul territorio», ha detto il dirigente della Digos di Brescia Giovanni De Stavola convinto che il gruppo «sarebbe potuto passare all'azione». L'indagine, che ha visto la collaborazione con la Polizia della Direzione antiterrorismo del Kosovo, l'hanno chiamata Van Damme, perché «i soggetti coinvolti in internet dicevano e scrivevano "non siamo come Van Damme o Rambo, noi facciamo i fatti"». Fino ad oggi però la cellula kosovara si era limitata alle parole, scritte sul gruppo Facebook «Me ose, pa ty - Hilafeti eshte rikthy», ossia «Con te o senza di te il Califfato è ritornato».
La mente era il kosovaro Samet Imishti che tra le tante fotografie postate in Internet ha messo anche quella con il figlio di dieci anni armato di kalashnikov. "Sarà il futuro
Califfo" scrive Samet, residente fino ad aprile scorso a Chiari, in un appartamento considerato la sua base logistica e dove la Digos di Brescia ha fermato il fratello, Ismail, raggiunto da provvedimento di espulsione dal territorio nazionale firmato dal ministro dell'Interno.
Nella casa bresciana è rimasto un terzo fratello che nel corso della giornata ha reagito in malo modo alla presenza delle telecamere. «Siamo in Italia da 20 anni, hanno sbagliato
persona», ha gridato l'ultimo esponente della famiglia Imishti presente nel Bresciano.
La mente del gruppo, Samet Imishti, se ne era già andato qualche mese fa e questa mattina è stato arrestato in Kosovo, a Elez Han, cittadina sul confine con la Macedonia, dopo che nei mesi scorsi il gip del Tribunale di Brescia aveva rigettato la richiesta di custodia cautelare in Italia, presentata dalla Procura bresciana, in quanto il soggetto - è la motivazione del gip - dopo aver lasciato il nostro Paese, non era più tornato e quindi non c'era motivo che venisse arrestato.
Ora Samet Imishti, arrestato dalle autorità kosovare, deve rispondere di apologia di terrorismo e istigazione all'odio razziale. Nell'abitazione kosovara gli hanno trovato anche armi: una carabina russa e una pistola calibro sette di fabbricazione slava. Non solo il fratello dell'uomo è stato fermato ed espulso dall'Italia, ma anche il nipote Mergin Imisht, rintracciato a Savona. Per il macedone Suma Arben, residente nel Vicentino, è scattata invece la misura di sorveglianza speciale per i prossimi cinque anni firmata dal Questore di Brescia Carmine Esposito. Proprio il questore bresciano ha sottolineato la pericolosità dei soggetti coinvolti. «Avevano collegamenti diretti e accertati con filiere jihadiste attive in Siria». Ricordatevi che non ci sarà più un Papa dopo questo, questo è l'ultimo, non dimenticatevi ciò che vi sto dicendo», è uno dei messaggi postati in Facebook da Samet Imishti, ritenuto affiliato al terrorista kosovaro Lavdrim Muhaxheri.
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