Dai quartieri alle Europee: quali elezioni ci aspettano nel 2024

La chiamata alle urne riguarderà anche 143 Comuni bresciani e si va verso un election day
Elezioni - © www.giornaledibrescia.it
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Come l’anno che ci siamo lasciati ormai alle spalle, anche il 2024 avrà una forte connotazione politica e chiamerà i cittadini alla sfida della partecipazione e dell’esercizio della democrazia per eccellenza: le elezioni.

Dal micro (nel capoluogo i residenti saranno chiamati a rinnovare i Consigli di quartiere, gli organismi che hanno supplito alla cancellazione delle vecchie Circoscrizioni) al macro (le Europee), passando per i territori (sono 143 le Amministrazioni comunali in scadenza nella nostra provincia), questi mesi saranno però centrali anche per una serie di dibattiti che puntano a modificare le regole elettorali.

Con ordine. Si va verso un election day: l’intenzione già dichiarata (ma non ancora ratificata) è di accorpare la chiamata alle urne delle Comunali a quella delle Europee. La data sarà quella del 9 giugno e sarà ufficializzata attraverso un apposito decreto che il parlamento intende approvare per la fine di gennaio.

Quest’anno - alla luce dei cambiamenti demografici - i rappresentanti seduti nel Parlamento europeo saliranno da 705 a 720: l’Italia manterrà però gli attuali 76 seggi. Si tratta di un banco di prova importante per il centrodestra dopo un anno e mezzo di governo: l’obiettivo della coalizione formata da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia è infatti riuscire a non perdere terreno rispetto alle percentuali delle Politiche del 25 settembre 2022. Il Pd punta alla soglia psicologica del 20%, mentre per il Movimento 5 Stelle restano i dubbi legati al gruppo di appartenenza a Bruxelles.

Per quanto riguarda i Consigli di quartiere, il nuovo regolamento dovrebbe incassare la fumata bianca entro fine mese, così da poter votare tra marzo e aprile. In questo caso la sfida è quella della partecipazione attiva: il rischio, infatti, è che sempre meno potenziali candidati si facciano avanti.

Sullo sfondo ci sono poi almeno due grandi dibattiti. Il primo riguarda l’ampliamento del numero di mandati dei sindaci nei Comuni sotto i 15mila abitanti: la proposta dovrebbe essere approvata nel decreto che sancisce l’election day, atto che lascerebbe invariata la tagliola dei dieci anni per i grandi Comuni. Il secondo riguarda il futuro delle Province: dopo un primo moto di entusiasmo per riportarle ad elezione diretta, la riforma si è arenata. E a Roma nessuno pensa che possa avere chance di tornare all’ordine del giorno a breve: «Non prima del 2025» dicono i partiti, perché non solo «bisognerebbe trovare fondi che non ci sono», ma si tratta di una mossa che - stando ai sondaggi - «non porterebbe a un aumento dei consensi, anzi...».

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