Da 50 anni «microcosmo» nel cuore del villaggio Sereno

Compie mezzo secolo il minimarket fondato da Amilcare e Savina, oggi gestito dai figli
In famiglia. «Casa e bottega», mai così vero come per la famiglia Cavalli
In famiglia. «Casa e bottega», mai così vero come per la famiglia Cavalli
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Il ’68, l’anno della «fantasia al potere», fu rivoluzionario anche per Amilcare Cavalli e Savina Filippini: i due, fidanzati giovanissimi, aprirono infatti, nell’agosto di cinquant’anni fa, il minimarket tutt’ora punto di riferimento per gli abitanti del Villaggio Sereno.

Amilcare e Savina fino a quel momento avevano fatto altro: contadino lui, mondina prima e operaia poi lei. Amilcare avrebbe continuato volentieri a coltivare dei campi che, però, vengono venduti. Suo padre Giuseppe decide, dunque, di investire per i figli in un negozietto di alimentari al Villaggio Sereno, progettato da un prete che si chiama Marcolini, un quartiere nuovo, inaugurato da poco, bisognoso di tutto.

Il vecchio «risidur» l’aveva vista lunga: concorrenza scarsa e famiglie numerose e con tanti bambini. Amilcare pedala e pedala con la bicicletta, consegna alimentari nelle casette a schiera, allora tutte uniformemente bianche. La soddisfazione comincia ad arrivare, ma in quei primi anni Amilcare ha un nemico: «La forte nostalgia per la campagna - come ricorda la moglie Savina -: il negozio era stato un cambiamento totale per tutti e due, ma per lui in particolare».

Pezzetto dopo pezzetto la bottega si ingrandisce, come la famiglia: arrivano Narciso detto Ciso, Daniela, Francesca, Elena, Giuseppe e Lorenzo. I sei fratelli Cavalli sono poi entrati a far parte del minimarket, ognuno con un proprio compito. «Certo - sottolineano i ragazzi - ci sono aspetti positivi, sembra di stare sempre a casa; altri meno, ma c’è il vantaggio che, proprio perché siamo tra di noi, ci diciamo più facilmente le cose che non vanno».

La frase «Vado da Cavalli» al Villaggio Sereno equivale a «parto per un viaggio», dentro un mondo che meriterebbe una serie televisiva o romanzi alla Pennac. Nei corridoi del minimarket si può incontrare la pattuglia carabinieri, la squadra muratori, i pensionati che commentano animosi le partite di calcio, le persone seguite dalla cooperativa La Mongolfiera che sperimentano una vita in autonomia, la ragazzina tatuata, la mamma ucraina o l’anziana signora ligure al Villaggio da anni, ma che non ha mai perso l’accento, tutti con una storia da raccontare.

A vegliare su questo mondo Amilcare e i suoi, milanisti ma di larghe vedute, sempre di poche parole, spesso in dialetto. Ci sarà sempre per tutti un «ciao bèlo/ciao bèla» oppure un «tàstel», un «assaggialo», quelle piccole cose, insomma, che ti rinfrancano la giornata e ti fanno distendere il volto in un sorriso.

 

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