Cura della speranza: ai malati venivano chiesti anche 13mila euro

L'organizzazione avrebbe identificato i pazienti fuori dal Civile, nei giorni caldi del caso Stamina
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Marino Andolina finisce in una nuova bufera giudiziaria. Il medico triestino già al centro dell’inchiesta Stamina è stato arrestato ed è ora ai domiciliari nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Brescia. Ha riprovato a somministrare una cura con cellule staminali, non riconosciuta e ritenuta dagli inquirenti «inefficace e pericolosa»

Con Andolina sono finiti ai domiciliari anche un medico chirurgo plastico di Brescia, e altri tre soggetti, estranei al mondo medico: due bresciani ed uno milanese, di Rho. Per tutti l’accusa è di associazione a delinquere finalizzata alla truffa. Vittime i pazienti. Tra loro anche sei bambini, affetti leucemia e da malattie neurodegenerative come Sla e Sma. A loro gli arrestati effettuavano, a pagamento, cure con farmaci definiti innovativi.

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La cura era fondata sul trattamento di cellule staminali, ricavate attraverso il trattamento di tessuto adiposo ottenuto con interventi di liposuzione effettuati nello studio del medico bresciano arrestato, ma anche in camere d’albergo o in appartmento. La cura veniva prodotta in un laboratorio svizzero gestito da una persona che non era un medico. Segni particolari: «fratello di un veterinario». Troppo poco per poter garantire sulla salute dei malati in condizioni disperate. A differenza del caso Satmina, nessun ospedale è coinvolto.

Secondo la Procura - Pm Roberta Bolici - Andolina e gli altri arrestati avrebbero iniziato la sperimentazione l’estate scorsa, una volta trovata sbarrata, definitivamente, la strada al Metodo Stamina. E i pazienti sarebbero stati identificati proprio nei giorni caldi fuori dall’ospedale Civile di Brescia, nel pieno del caos Stamina. I coinvolti nell’inchiesta avrebbero quindi sfruttato il dramma di famiglie pronte a tutto per provare a salvare la vita di figli, genitori, parenti malati. E alcuni pazienti sarebbero arrivati anche a pagare 13mila euro per la cura.

«Vabbè che non si può criticare un giudice, ma vivaddio credo sia lecito dichiarare che il giudice è stato suo malgrado "mal informato"». Così, sulla sua pagina Facebook, pochi giorni fa Andolina parlava della sentenza con cui il gup Potito Giorgio, del tribunale di Torino, aveva condannato due degli imputati del caso Stamina. «È finita davvero - aveva scritto - in Italia non c’è più speranza. Qualche terapia con staminali risorgerà quando le multinazionali saranno in grado di farci pagare le fiale migliaia di euro; per allora i miei bambini saranno tutti morti e con loro la mia fiducia nella giustizia italiana».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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