Csm, il pm Storari a Brescia per una ampia ricostruzione
Ha fatto una ricostruzione ad ampio raggio, parlando dei contrasti sorti attorno alla gestione dell'indagine sulle rivelazioni dell'avvocato Piero Amara su una presunta Loggia Ungheria e anche delle divergenze nell'inchiesta sul cosiddetto «complotto Eni», il pm di Milano Paolo Storari, interrogato per tutto il pomeriggio in Procura a Brescia.
Indagato per rivelazione del segreto di ufficio per aver consegnato, nell'aprile dell'anno scorso, a Milano, quei verbali secretati a Piecamilllo Davigo, allora al Csm, con lo scopo di autotutelarsi in quanto il Procuratore Francesco Greco e l'aggiunto Laura Pedio, a suo dire, non volevano indagare tempestivamente su quelle dichiarazioni così gravi, Storari ha «chiarito». E per circa quattro ore davanti al Procuratore di Brescia Francesco Prete e al sostituto Donato Greco, titolari del fascicolo trasmesso per competenza da Roma, ha raccontato la sua versione, con tanto documenti alla mano.
Avrebbe prodotto una serie di email per dimostrare le ripetute richieste ai vertici del suo ufficio di iscrivere nel registro degli indagati subito 6 persone, Amara compreso, per poi procedere con i tabulati telefonici (disponibili a ritroso solo per due anni), tenendo conto di possibili profili di calunnia. Richieste cadute nel vuoto (solo a maggio ci furono i primi indagati) che lo spinsero a rivolgersi a Davigo come persona «autorizzata» a ricevere quelle carte.
Un fatto di cui l'ex consigliere del Csm «si sarebbe assunto la responsabilità», avrebbe ribadito agli inquirenti ricalcando quanto detto da Davigo. Ma non è escluso che Storari abbia difeso la sua scelta di ricorrere al Consiglio Superiore della Magistratura per segnalare il «problema Milano», spiegando altri particolari sulle divergenze di impostazioni e su alcuni «stop» alla sua linea anche nell'indagine, aperta 4 anni fa e non ancora chiusa, sul cosiddetto «falso complotto» per depistare le indagini sul blocco petrolifero Opl245 e la presunta corruzione internazionale da parte di Eni e Shell in Nigeria (in dibattimento a marzo scorso sono stati tutti assolti) nell'ambito della quale Amara ha reso quegli ormai noti verbali e ha sollevato questo nuovo polverone.
A ciò si aggiungerebbero altri retroscena sull'ex manager Eni e imputato Vincenzo Armanna, che era stato molto valorizzato per alcune sue affermazioni, così come Amara, nel processo sulla ipotizzata - e per il Tribunale inesistente - maxi tangente nigeriana. Processo sul quale la Procura milanese puntava molto.
Dopo l'interrogatorio di oggi si prevede che vengano convocati, quanto meno come testi, gli altri protagonisti della vicenda che sta investendo la magistratura. «In merito alle fonti aperte e a quanto stanno dichiarando dico che stanno buttando inutilmente fango addosso ad una persona», è il commento di Paolo Della Sala, difensore di Storari, al termine del faccia a faccia. Per quanto riguarda «quello che è uscito sulla stampa o in televisione in questo periodo», ha precisato il legale, «bisognerebbe che ci si abituasse a analizzare la condotta» sulla base della «prospettiva che aveva un soggetto in un determinato momento. E questo può spiegare la sua condotta». Invece, si è gettato «inutilmente fango addosso a una persona che non lo merita».
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