Covid, perché l’estate non ferma la valanga della quinta ondata

Registrati ieri altri 1.385 nuovi positivi nel Bresciano: stare a lungo all’aperto non è più sufficiente
Persone in centro a Brescia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Persone in centro a Brescia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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Perché d’estate? Perché una diffusione così elevata del virus malgrado le temperature africane che si stanno protraendo da settimane? Dall’inizio della pandemia, nel febbraio 2020, i mesi caldi erano attesi come liberatori. Mesi di tregua, in attesa delle nuove ondate autunnali.

Ora, invece, a due anni e mezzo da quel febbraio, stiamo vivendo l’ondata pandemica più contagiosa dall’avvento nelle nostre vite del SarsCov2. Viverla in estate sovverte alcune fragili certezze. «Il caldo non ha un effetto sul virus, ma ne limita la diffusione proprio perché in questo periodo le persone non si assembrano al chiuso» spiega l’infettivologo. Del resto, se bastasse il caldo, il Coronavirus non avrebbe mai colpito realtà quali l’India, ad esempio, in cui le temperature sono elevate.

Invece, l’infezione si è diffusa anche laggiù perché, a causa della densità della popolazione residente nelle maggiori città, le persone non riescono a mantenere le distanze di sicurezza per evitare di contagiare ed essere contagiate.

Virus e stili di vita

Dunque, le temperature non hanno un effetto diretto sul virus, ma sul nostro stile di vita. Il resto lo fa l’alta contagiosità della Omicron BA.5: Uno stile che, in questi giorni, è fortemente condizionato dal caldo eccessivo. Che ci spinge ad uscire di meno (emblematica la fotografia della città deserta nel primo sabato pomeriggio di saldi) o ad assembrarci negli stessi luoghi che «promettono» refrigerio.

Certo, lo ripetiamo anche alla luce degli ultimi dati epidemologici: la quinta ondata della pandemia è anomala non solo per la stagione in cui si sta manifestando - gli esperti azzardano un pronostico di picco entro la fine di luglio - ma anche, e per fortuna, per l’ancora contenuta conseguenza sulla salute di coloro che sviluppano i sintomi.

L’epidemiologo Fabrizio Pregliasco: «Il virus originario aveva un livello di contagiosità pari a 2, la Delta a 7 e questa nuova variante ha un Rt pari a 15-17, come il morbillo o la varicella».

I ricoverati con Covid negli ospedali bresciani ieri erano 153, tre in meno rispetto a giovedì 30; in terapia intensiva ieri c’era un solo paziente, giovedì ce n’erano due. Gli effetti sui ricoveri, tuttavia, sono strettamente proporzionali all’aumento dei casi. Troppo presto per esultare come se il peggio fosse stato di certo evitato.

«L’epidemia di Covid-19 in Italia è entrata in una zona di chiaro aumento esponenziale solido e costante da quasi due settimane - sostiene il Nobel Giorgo Parisi che sta eseguendo l’andamento della pandemia fin dall’inizio -. Ci troviamo in una situazione seria nella quali i casi sono raddoppiati in poco più di dieci giorni e cominciano ad avere effetti anche sui ricoveri che tra dieci giorni potranno superare i diecimila nei reparti ordinari».

Ad oggi, in Lombardia sono 1.007 i ricoverati in area medica, con una percentuale di occupazione di letti pari al 9,6% (lo scorso anno eravamo al 3%) e 24 in terapia intensiva, con un’occupazione dei letti pari all’1,3% (il 2 luglio del 2021 era del 3%). Quanti sono. C’è un altro aspetto da considerare, ed è la difficoltà di conoscere il numero esatto dei casi reali, perché molte persone fanno il test a casa e non figurano nelle statistiche.

«A questi - aggiunge Parisi - si sommano gli asintomatici che nessuno è in grado di stimare quanti siano davvero. Alcune stime ritengono possibile che i casi reali siano più numerosi di un fattore 2 o 3, quindi potrebbero essere tra i 200 e i 200 mila al giorno. È difficile, di conseguenza, riuscire a prevedere l’andamento dell’epidemia: se la crescita continuerà con questi ritmi, a fine luglio avremo fino a 3 milioni di casi al giorno, dopo inizierà la discesa. Il problema - aggiunge - è quanto in alto potrà fermarsi».

Che fare? «Intanto, trovo assurdo che nell’incontro dei giorni scorsi tra governo e parti sociali si sia ridotto l’obbligo della mascherina: non è sensato ridurre le protezioni sanitarie in un momento in cui l’epidemia sta aumentando in modo esponenziale - aggiunge Parisi -. In un Paese come il nostro le raccomandazioni lasciano il tempo che trovano e sono abbastanza inutili e indossare la mascherina non cambia molto ai fini dell’economia. Anzi. Un milione di persone a casa perché malate la danneggiano certamente di più».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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