Covid, i contagi nel Bresciano sono 136 volte in più rispetto a un anno fa
Il virus trova sempre meno ostacoli. Tant’è che le persone contagiate nel Bresciano oggi sono 136 volte superiori a quelle registrati un anno fa: da 12 a 1.634. Dati che fanno pensare ad una prateria a totale disposizione di una sottovariante della Omicron contagiosissima: una persona è in grado di infettarne almeno altre diciotto, con un costante aumento di reinfezioni anche tra chi è vaccinato, peraltro con un farmaco prodotto quando ancora Omicron 5 non c’era.
Ha meno ostacoli, è vero, anche perché, a fronte di un rapido, e comunque sottostimato, aumento di casi, si assiste a un progressivo allentamento delle misure di contenimento. La prateria sulla quale si sta allargando il virus, tuttavia, non è vergine.
L’altissima percentuale di persone che ha concluso il ciclo vaccinale primario (prima e seconda dose) e l’altrettanto significativa risposta alla chiamata per la terza dose (sono 900mila persone su un milione e 200 mila i residenti nel Bresciano) permette di mantenere un livello di protezione.
Quanta protezione resta
«Gli studi immunologici hanno documentato che, malgrado un costante declino dei livelli di anticorpi nelle persone vaccinate, i vaccini Covid-19 non perdono completamente la loro forza, almeno quando si tratta di tenere sotto controllo le forme più gravi di malattia: continuano a proteggere, evitando il ricovero in terapia intensiva e la morte» afferma Guido Castelli Gattinara, infettivologo del Bambin Gesù.
È evidente, tuttavia, che a fronte di un’impennata di nuovi contagi, cresce in proporzione anche il numero di ricoverati. La situazione (illustrata nelle tabelle a destra) è in evoluzione e solo nell’ultima settimana si è registrato un aumento del 30,5% di ricoveri in area medica di pazienti Covid negli ospedali della rete bresciana. Dai 144 del 30 giugno ai 188 di ieri.
Meno allarmante il quadro delle terapie intensive, ovvero dei casi gravi (da 3 a 6 in una settimana nel Bresciano, anche se dal report giornaliero di ieri, riferito a tutta la Regione, in terapia intensiva ce ne sono tre in meno a fronte di 44 in più in area medica).
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Allerta
L’allerta rimane alta, così come il dibattito tra chi insiste affinché si allarghi la platea della quarta dose anche agli over 60 (ricordiamo che, ad oggi, può essere somministrata ai fragili, anche quelli con più di sessant’anni, mentre è autorizzata per tutti gli over 80 e per gli ospiti delle Rsa) e chi ipotizza sia meglio aspettare un vaccino aggiornato che riesca ad incidere sull’altissima carica virale delle varianti del SarsCov2. Flop quarta dose.
La quarta dose, a dire il vero, non ha riscosso molto successo nemmeno tra le persone per le quali era autorizzata, se su esclude il 96% di somministrazioni negli over 80 ospiti delle Rsa. Per gli altri, fragili di ogni età, la percentuale è ferma al 23%. Negli ultimi giorni sembra risvegliarsi l’interesse verso i vaccini, alla luce dell’esplosione di contagi e di malattia conclamata. Anche in questo caso, basandosi sui dati ufficiali, le persone maggiormente contagiate sono quelle nella fascia di età tra i 25 e i 50 anni.
Dal canto suo, l’Agenzia europea dei Medicinali sta valutando l’ipotesi di autorizzare la quarta dose a tutti gli over 60, oltre a tutte le persone fragili di ogni età se i tassi di infezione continueranno a crescere. Agenzia che sta studiando «l’approccio migliore per affrontare nuove ondate». Come «l’approvazione a settembre di vaccini adattati alle nuove varianti del virus».
Le perplessità
Nino Cartabellotta, presidente Gimbe, esprime grande preoccupazione: «Il netto aumento della circolazione virale aumenta la probabilità di contagio e lo sviluppo di malattia grave in chi ha fatto la terza dose da oltre 120 giorni: per questo appare un vero azzardo la scelta di rimandare la quarta dose all’autunno con i vaccini aggiornati, di cui ad oggi non si conoscono né le tempistiche di reale disponibilità né gli effetti sulla malattia grave».
Intanto, il ministero della Salute ieri ha inviato una circolare alle Regioni con la richiesta di «attivazione delle misure organizzative per fronteggiare nelle prossime settimane un incremento della domanda di assistenza sanitaria legata all’infezione, sia a livello ospedaliero sia territoriale, garantendo l’adeguato ampliamento dei posti letto di Area Medica e di Terapia Intensiva dedicati al Covid».
Il Ministero
Ancora: «L’elevata copertura vaccinale, il completamento dei cicli di vaccinazione e il mantenimento di una elevata risposta immunitaria attraverso la dose di richiamo, con particolare riguardo alle categorie indicate dalle disposizioni ministeriali, rappresentano strumenti necessari a mitigare l’impatto clinico dell’epidemia». Il virus, dunque, prosegue la sua corsa con il rischio concreto di ricreare una pressione insostenibile sulle strutture sanitarie.
Gli ospedali si stanno organizzando (tutte le strutture hanno pazienti Covid, come si evince dalla tabella a destra), ma l’impennata dei ricoveri da Covid sommata al periodo in cui molti dipendenti sono in ferie rischia di mettere ulteriormente in ginocchio il Servizio sanitario.
Ospedali sotto tiro
I posti letto nelle realtà della provincia sono modulabili in base alla necessità e, al momento, si registra solo un ricoverato in terapia intensiva per Covid a Desenzano.
In città punto di riferimento per la cura della Covid è l’Ospedale Civile dove si trova un intero padiglione, la Scala 4.0, con 170 posti letto organizzati per intensità di cura dedicati completamente ai pazienti Covid. Il padiglione è aperto dalla fine del 2020, realizzato in tempo brevissimi grazie alla sinergia tra Regione Lombardia, Asst Spedali Civili, Fondazione Spedali Civili, Intesa Sanpaolo e con il generoso contributo di numerosi cittadini bresciani.
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