Couch surfing: viaggiare e dormire divano in vano

L'intuizione di un giovane americano: vedere l'altrove a costo zero, grazie a una rete di ospitalità di 80mila mete in 250 Paesi.
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«Surf in Usa» cantavano i Beach Boys. Ma perché non pure in Canada o in Francia, vicino al mare o in una delle capitali europee della cultura? Sono oltre 80mila, infatti, le mete del «surfing» collettivo. No, non quello che si fa con la tavola sulle onde lisce dell'Oceano o giù dai pendii innevati delle Alpi.

Qui più prosaicamente si parla di divani e poltrone. Ma a dirla tutta anche di brandine e spazi tenda nel giardinetto dietro casa. Ricominciamo da capo. Stiamo parlando del «couch surfing» - letteralmente surf da divano -, che non ha nulla a che vedere con quelle scene da film in cui in una ridente casa al mare californiana qualche pazzo con una birra in mano si piazza barcollante su un sofà su cui è stata preventivamente posizionata una tavola da onda. Ci riferiamo, piuttosto, a quella pratica da vacanzieri d'assalto di offrire e accettare ospitalità negli angoli di casa, sia un divano o un futon, ma pure un'amaca o, perché no, una casa sull'albero.

Non è mica uno scherzo. L'idea geniale è venuta al giovane programmatore americano Casey Fenton nel 2004. Come un qualsiasi «nerd» (termine con cui si designano persone di grande intelligenza, ma di scarsi rapporti sociali e poco inclini alla cura del look) che si rispetti, il buon Casey si ritrovò a fare un viaggio in Islanda, con pochi dollari in tasca, e decise di chiedere aiuto agli universitari locali che, prontamente, risposero offrendo alloggio, ospitalità e amicizia.

Come insegna la favola dei social network, il binomio computer-università è una miscela esplosiva in attesa di fare il botto. E così è stato pure in questo caso. Dopo aver vagato di divano in divano fra le bianche lande islandesi, Fenton tornò in patria e creò www.couchsurfing.org.
Una trovata geniale. Facile da utilizzare, sicuro quasi in tutti i casi e incredibilmente economico, il sistema dello scambio delle poltrone - che in questo caso non ha niente a che vedere con la politica - è diventato una consuetudine globale in circa 250 paesi, soprattutto negli States, in Germania, Francia, Canada e Gran Bretagna.

E oltre un migliaio sono gli italiani che hanno sperimentato questo sistema insolito di soggiornare per il mondo. La trafila è semplice. Basta iscriversi sul sito creato da Fenton, dare vita a un profilo dettagliato e il più possibile veritiero e poi mettersi a navigare nel mare magnum dei divani alla ricerca della destinazione ideale. Fondamentale è chiarire fin da subito le proprie esigenze e richieste, informarsi sulle abitudini degli ospiti, aspettare per vedere se... scocca la scintilla.

Per essere accolti non è neppure necessario offrire accoglienza. L'importante è, ovviamente, avere una mentalità aperta, un alto grado di adattabilità, oltre a dosi inesauribili di rispetto ed educazione. (Che peraltro non guastano neppure nel caso di una tradizionale vacanza in un albergo della riviera). Il sito è aperto a tutti. Il soggiorno è gratuito e la sicurezza è garantita dalle referenze che il sito produce. Gli utenti, infatti, sono soliti fornire dettagliate recensioni dei divani che li hanno abbracciati. E se l'obolo non è richiesto, è buona pratica sdebitarsi con profferte di pulizie straordinarie, di una cena fuori o una prestazione da chef. Come dire, un bel piatto di arrosto e polenta in cambio di un «bett», un letto, a Monaco di Baviera.

Perché l'idea alla base di questa «esperienza» sta in questo nodo cruciale: casoncelli per crauti, focaccia per bagel, D'Annunzio per Faulkner. Oltre a un posto caldo a nullo prezzo, il cuore del «couch surfing» è quell'idea del partire che anima i viaggiatori irriducibili. Vivere un Paese straniero come se fosse proprio, arrivando a scoprirne vizi, virtù e bellezze, attraverso gli occhi e la guida di chi ne ha un quotidiano contatto.
È la metafora del divano che si fa metafora. Chi dorme nel king size di un albergo è «solo» un turista, chi sonnecchia sul divano di un appartamento in centro, invece, diventa per magia uno del posto.


Ilaria Rossi

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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