Corso Garibaldi è vivo, ma vuole stare meglio

I negozianti: «Ci penalizzano i centri commerciali e la scarsa qualità e la concentrazione di certi esercizi»
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Corso Garibaldi è vivo, ma potrebbe avere ben altro respiro. Lo dicono i commercianti, lo dice l'assessore Maurizio Margaroli: la strada, riqualificata meno di dieci anni fa, negli ultimi tempi ha paradossalmente perso pezzi - ovvero negozi - e quindi parte di quell'identità commerciale che attirava i bresciani e gli altri faceva fermare lungo una delle più vivaci vie d'accesso al centro storico. Colpa dei centri commerciali - in particolare del vicino «Freccia Rossa» - e dell'apertura sul corso di «numerosi esercizi stranieri di bassa qualità», sostengono in molti interpellati di negozio in negozio. Gli esercizi in attività nella mattinata che segue le feste e precede i saldi sono un'ottantina, tra i quali una decina con insegna cinese o indiana (ma anche al bar Garibaldi, dove si beve caffè Illy, si parla cinese). Una decina pure i negozi chiusi, mentre in uno di abbigliamento è in corso una «svendita totale per cessata attività».


«È un normale avvicendamento - sostiene l'assessore al Commercio del Comune -. Un paio di negozi stanno chiudendo, ma sette o otto potrebbero aprire nell'ambito del bando comunale che vuole incentivare l'imprenditoria commerciale giovanile, assegnando finanziamenti a partire dagli 8mila euro a imprenditori con meno di trent'anni». Ma il problema è chi apre, continua Margaroli facendo eco agli stessi commercianti con particolare riferimento alla qualità e alla diversificazione merceologica: «Fino al 1997 - spiega - era il Comune a dare le licenze, cercando di evitare la concentrazione di negozi dello stesso tipo. Ma ora è in vigore la liberalizzazione».


Di una mancanza di varietà merceologica che andrebbe a scapito della frequentazione di corso Garibaldi si lamentano in molti: «Non abbiamo una cartoleria, né un negozio di calzature per bambini e nemmeno una gastronomia», osserva la titolare di un negozio di abbigliamento, la cui memoria arriva addirittura a 26 anni fa, quando «di sabato pomeriggio le persone non si contavano. Ma, d'altra parte, c'erano una gioielleria e un rinomato negozio di biancheria, il cinema Super e una pizzeria» grazie ai quali la vita continuava anche la sera. Oggi, invece, «alle sette è tutto finito», testimonia Gianfranco Resola dell'omonima libreria: un commerciante «storico» che resiste, ma non senza problemi «a causa dei centri commerciali che certo hanno creato problemi anche altrove». Confermano alla profumeria «Smeraldo», pure attiva da decenni, aggiungendo una considerazione: «In corso Garibaldi ci sono dei bei negozi, ma altri abbassano la qualità commerciale della strada. Del resto, a causa della crisi economica in atto, quando un negozio chiude è difficile trovare un nuovo investitore italiano». Ecco allora i mini-market che vendono di tutto un po' a prezzi bassissimi e i negozietti di bigiotteria e «i parrucchieri che fanno la piega a sei euro mettendo in difficoltà i "vecchi" esercizi».


Tutti assicurano che «non è una questione di razzismo». E, in effetti, non risultano problemi di convivenza. Nel negozio di abbigliamento «giovane» «Medinitali», parlano anzi di un ottimo rapporto con la clientela straniera: «Certo dipende da come ci si pone, da entrambe le parti». Vero e come sempre, vien da pensare mentre si conversa con il giovane, gentilissimo egiziano del bar-tavola calda. Che, a sua volta, mette insieme un racconto non dissimile da quelli dei colleghi italiani: «Il centro commerciale poco lontano ci ha portato via clienti. Le cose vanno meglio quando ci sono iniziative come la Notte Bianca, ma ce ne vorrebbero due o tre al mese. Perché noi siamo aperti fino a tarda sera, ma intorno c'è il deserto».


Francesca Sandrini

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