Corruzione per appalti pubblici: le tangenti e il «sistema ormai collaudato»
A dicembre 2021 la denuncia di un imprenditore bresciano contro l’azienda concorrente. Oggi, a distanza di più di due anni, gli arresti che hanno svelato un sistema in grado, a colpi di mazzette, di pilotare gli appalti pubblici. Per gli inquirenti un dipendente di una partecipata di Stato era addirittura a libro paga della Valcart di Rogno, sul confine tra Brescia e Bergamo, società che si occupa di rifiuti e che vinceva sistematicamente le gare pubbliche. Sono complessivamente tredici gli indagati (di cui 7 bresciani), a partire dai vertici dell’azienda di Rogno. Il gip ha riconosciuto l’esistenza di un’associazione a delinquere.
Le indagini
Indagando la Guardia di Finanza ha scoperto anche un giro di fatture false e di indebite compensazioni. «Il sistema collaudato costituisce una fonte di un costante introito per l'incaricato di pubblico servizio, dimostratosi infedele» scrive il gip Giulia Costantino riferendosi ad Antonio Marcone, dipendente di Enel distribuzione - estranea ai fatti - finito ai domiciliari con l’accusa di corruzione. «Percepiva almeno 5mila euro al mese dalla Valcart» è la ricostruzione del pm Marzia Aliatis che ha coordinato l’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza.
A casa del proprietario della Valcart, indagato, durante le perquisizioni gli uomini della Guardia di Finanza hanno trovato quasi 147mila euro in contanti, mentre in azienda quasi 200mila già suddivisi in mazzette. Soldi sequestrati dalle fiamme gialle.
Gli arrestati
Oltre a Marcone sono stati arrestati, e sono in carcere, fratelli Sergio e Vincenzo Bava, il primo «amministratore di fatto di Valcart pur non avendo un ruolo ufficiale» e l’hacker Paolo Giannetta, che avrebbe invece effettuato accessi abusi al sistema informatico di Terna, altra società partecipata dallo Stato, per visionare le offerte dei concorrenti dell’azienda bergamasca. E in un’epoca di moneta elettronica e pagamenti tracciati, torna di moda la tangente in contanti. Come quella da 70mila euro che il dipendente di Enel distribuzione intasca al casello autostradale di Novara. Senza sapere di essere ripreso dai finanzieri. E che per indaga se non fosse stato arrestato non si sarebbe mai fermato. «Ed è da ritenersi del tutto probabile, se non prossima alla certezza, la prosecuzione dell'attività criminosa e non sussistono elementi per ritenere che egli abbia desistito dalla commissione di analoghe condotte».
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