Corruzione, i carabinieri del Nil: «Operato secondo la legge»
Hanno spiegato di aver agito entro i margini concessi dalle normative sul lavoro, annessi e connessi. Di aver effettuato controlli e dato sanzioni interpretando la legge, non sulla base del tornaconto personale. Non hanno preteso prebende e non le hanno nemmeno accettate. Hanno preso omaggi, ma non l’hanno fatto per compiere atti contrari ai loro doveri. Si sono limitati - hanno detto - ad accettare tre bottiglie dal titolare di una cantina della Franciacorta, ma solo dopo avergli contestato la violazione, così come finita nei terminali, senza ritoccarla e tanto meno ammorbidirla dopo aver ricevuto il cadeau.
Loro sono il luogotenente Giuseppe Serio e l’appuntato Giuseppe Schina, carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro finiti sotto inchiesta nella primavera di due anni fa e ai domiciliari su ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Christian Colombo con l’accusa di corruzione, concussione, truffa ai danni dello Stato e abuso d’ufficio.
Con loro a processo, davanti al gup Carlo Bianchetti, ci sono anche Antonio Benci ex carabiniere, in pensione dai primi anni Duemila, e gli imprenditori Nicola Pasina (contro il quale le accuse si sono pressoché azzerate davanti ai giudici del Riesame) e Alberto Schiavi. Serio e Schina - difesi dall’avvocato Alessandro Asaro - ieri si sono sottoposti ad interrogatorio in aula e hanno cercato di spiegare di non aver ammorbidito né i controlli alle aziende finite nel mirino del Nucleo ispettorato del lavoro dell’Arma, né tanto meno le sanzioni, a differenza di quanto sostenuto dal sostituto procuratore Ambrogio Cassiani, allora titolare del fascicolo.
I due imputati hanno anche spiegato di sentirsi vittime dell’invidia dei colleghi, perché tutto partì dalle denunce di chi all’epoca lavorava con loro. Serio e Schina non escludono, all’esito del processo, di produrre un esposto contro di loro. I due carabinieri, con riferimento alla contestazione di aver gonfiato i rimborsi chilometrici e di essersi intascati indebitamente 4.000 euro, hanno ammesso di aver sbagliato il loro conteggio, ma in misura decisamente più contenuta. Di aver percepito tra i 400 e i 500 euro in più del dovuto e di essere pronti a restituirli.
Il giudice ha aggiornato il processo al 25 maggio. Per le conclusioni del pm Antonio Bassolino, gli interventi delle difese e, tempo permettendo, anche per la sentenza.
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