Coronavirus, odissea finita per i bresciani bloccati a S. Domingo
La fine dell'odissea è arrivata grazie alla disavventura di altri italiani. Bloccati dall'altra parte dell'Atlantico come i due bresciani, partiti per restare due settimane a Santo Domingo, rimasti per due mesi. E non per diletto, ma a causa del coronavirus.
La magia abbacinante dei Caraibi si è trasformata in una trappola dorata (e neppure troppo) per il pensionato gussaghese Pietro Rainoldi, 74 anni, e sua moglie che, partiti per una vacanza di due settimane il 19 febbraio, sono riusciti a far ritorno in Italia solo l'altroieri, il 19 aprile. «Il primo volo di rientro del 6 marzo è stato cancellato». È il primo di una serie di tre collegamenti spazzati via uno dopo l’altro dall’avanzare dell’emergenza, così riaccade il 16 marzo, e da ultimo giovedì scorso, quando la doccia gelata arriva a soli 30 minuti dall'imbarco. «Considerato anche il volo acquistato per il 1° maggio prima che altri se ne rendessero disponibili, abbiamo speso oltre 8.000 euro senza sapere se ci verranno rimborsati», complice l’aumento del prezzo dei biglietti nel quadro dell’emergenza.
Certo, resta l'amarezza, ma ora il sollievo e grande. Ora che a Gussago i due coniugi hanno potuto rimettere piede quando ormai non ci speravano. La prospettiva del volo che li ha rimpatriati in extremis è arrivata solo 24 ore prima del decollo. «Era un volo Neos organizzato per rimpatriare quei ragazzi italiani che lavoravano a Orlando, in Florida, a Disneyworld, che come noi non riuscivano a far rientro nel nostro Paese. Il volo è arrivato prima negli Usa e poi all'aeroporto di La Romana, a una cinquantina di chilometri dalla capitale della Repubblica Dominicana. A bordo c'erano ampi spazi tra un passeggero e l'altro, è stato un volo assolutamente confortevole». Un viaggio di ritorno concluso a Malpensa dove un taxi ha riaccompagnato a casa i due bresciani.
Il cui pensiero va però ora a chi non ha avuto come loro la possibilità di pagare il biglietto di rientro: «C'erano pensionati che avevano finito le medicine e non ne trovavano, che non avevano la disponibilità per rientrare». Senza contare altri disagi: «Per fare una spesa a Santo Domingo ci sono file di un chilometro, per ritirare soldi in banca ci vogliono giorni. E la sera c’è il coprifuoco: girano con fucili per farlo rispettare... Sono stati chiusi gli hotel: noi stessi non fosse stato per un amico che ci ha ospitato a Boca Chica, non so come avremmo fatto» si chiede Rainoldi».
«Ora siamo in quarantena come previsto per chi arriva dall'estero. Ma siamo a casa. E va bene così».
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