Coronavirus, Del Bono: «Le fabbriche andavano chiuse prima»

Il sindaco di Brescia: «Non sappiamo più dove mettere le bare, non ci sono più medici. Noi sindaci lombardi chiedevamo chiusura totale»
Piazza Loggia deserta, una sola passante con mascherina - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Piazza Loggia deserta, una sola passante con mascherina - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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«I dati non sono buoni, neanche questa volta». Così il sindaco di Brescia, Emilio Del Bono del Pd, in un'intervista al Fatto quotidiano. «Non si attenua il numero dell'espansione del contagio, né quello dei ricoverati e delle terapie intensive. Dovremmo avere il picco questa settimana - osserva - non sappiamo più dove mettere le bare: le portiamo nella chiesa di San Michele, al centro del cimitero». 

«Se fossimo partiti tutti prima, il contagio quanto meno sarebbe stato più diluito. Qui è arrivato da Lodi, da Cremona. Come a Bergamo - rileva - si tratta di una zona molto
industriale, molto commerciale, dove la gente si sposta rapidamente. Noi, come dodici sindaci dei capoluoghi lombardi, il 7 marzo avevamo chiesto sia alla Regione che al governo di chiudere le attività produttive, tenendo aperte solo la filiera di igiene per la casa e quella alimentare. Oltre alla manutenzione dei servizi pubblici essenziali. Il numero dei lavoratori nelle fabbriche è molto elevato. Fontana ha sempre tenuto una posizione severa, ma il peso del mondo industriale sia su Roma che su Milano si è sentito».

«A Brescia le strutture sanitarie convenzionate Rsa sono entrate nel circuito coronavirus. Gli ospedali, pubblici e privati, sono tutti sotto stress - prosegue - non ci sono più medici, anche quelli di famiglia si stanno ammalando tutti. L'Ordine dei Medici ha chiesto a quelli in pensione di rientrare. In 70 hanno risposto di sì, a titolo gratuito. Ne abbiamo anche chiesti all'estero».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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