Controllo, privacy e sicurezza: il punto sulle telecamere in Rsa
Tutti controllati. Ospiti ed operatori. Un occhio elettronico osserverà che i primi non siano oggetto di maltrattamenti o di violenze da parte di chi deve prendersi cura di loro. Ma, anche, che sia salva l’incolumità dei secondi.
A deciderlo, un provvedimento approvato martedì scorso in Consiglio regionale, in base al quale tutte le residenze sanitarie assistenziali (Rsa) e le residenze sanitarie assistenziali per disabili (Rsd) dovranno, entro un anno, dotarsi di «impianti di videosorveglianza interna, per il monitoraggio e la prevenzione da azioni lesive della dignità di ospiti e operatori».
Gli interrogativi. Ancora fresco di votazione, il provvedimento suscita molti interrogativi. Intanto, lo Statuto dei Lavoratori parla di «divieto di controllo a distanza»; poi, il tema della privacy alla luce del recente regolamento generale sulla protezione dei dati; ancora, l’utilizzo delle immagini cui, in base alla normativa, possono accedere esclusivamente il pubblico ministero o l’autorità di polizia a seguito di querele, denunce o reati perseguibili d’ufficio.
Altro dubbio da chiarire: un impianto di videosorveglianza è una dotazione tecnologica correlata alle prestazioni erogabili, i cui requisiti sono stabiliti dalla Regione? Se, poi, sarà attivo solo nelle parti comuni, a cosa servirà?
Chiara Benini e Giuliano Sormani, referenti dell’Associazione Upia (Unione provinciale istituti per anziani: «Che il tema non sia così semplice è anche testimoniato dal fatto che un progetto di legge è stato approvato alla Camera e poi bocciato in Senato e tra le motivazioni è riportato "qualora sia necessaria (la videosroveglianza, ndr), può essere disposta dalla magistratura, senza appositi provvedimenti legislativi».
Ma è solo una parte degli interrogativi di Benini e Sormani che, tuttavia, concordano che «l’impianto possa essere un deterrente per prevenire azioni lesive della dignità di ospiti e operatori».
Le eccellenze. Ma restano le perplessità. «Intanto, sarebbe interessante verificare le segnalazioni degli ultimi anni riferite ad abusi sia di ordine relazionale sia fisico sia normativo per capire quale eccellenza sia il sistema delle Rsa e Rsd lombarde. Eccellenza che riceve un "contributo" - in realtà, la remunerazione di prestazioni sanitarie - che somma mediamente ad euro 40-41 al giorno omnicomprensivo. Ed è con questa risicata somma che giornalmente le Rsa e Rsd si prodigano per dare risposta ai bisogni di una utenza sempre più complessa sia dal punto di vista sanitario sia assistenziale».
Ancora: «Ricordiamo che tali strutture accolgono ora anche utenza atipica, quali pazienti in stato vegetativo, pazienti affetti da malattia del motoneurone, pazienti oncologici in condizioni terminali. Utenza che, negli anni, ha assistito ad un incremento dell’età media con presenza di pazienti pluripatologici cronici di sempre maggiore complessità e un conseguente incremento di costi sia dal punto di vista farmacologico sia di attrezzature da destinare all’assistenza».
In questo contesto, i referenti degli istituti per anziani ricordano che, «a fronte dei dieci milioni complessivi stanziati per la videosorveglianza, il personale garantisce mediamente uno standard assistenziale superiore del 30% rispetto ai minuti assistenziali pro ospite richiesti dalla Regione - in assenza di maggior remunerazione da parte della stessa - e ha adeguato il modello assistenziale sanitarizzando il proprio agire, aggiornando le proprie competenze con costanti corsi di formazione indispensabili per rispondere ai nuovi bisogni sanitari presenti in Rsa».
Un provvedimento da bocciare? Non esattamente. « Condividiamo il principio di base che ha spinto a presentare la mozione ma riteniamo che ciò non sia sufficiente per garantire ciò che invece è nelle nostre "corde" e che quotidianamente cerchiamo con fatica di garantire: rispetto della persona (sia esso ospite o dipendente); garanzia di dignità di vita (in molti casi di fine vita) e di lavoro; disponibilità economiche sufficienti per garantire le corrette dotazioni tecnologiche e strumentali (la tele medicina sarebbe un grande aiuto per le Rsa e ridurrebbe ulteriormente i ricoveri ospedalieri); sostegno alla rete parentale - anche di tipo economico - estremamente provata dai lunghi tempi di assistenza (vedi aspettativa di vita) che devono essere garantiti alla persona anziana disabile».
Nel territorio dell’Ats di Brescia sono presenti 84 Rsa accreditate e a contratto per un totale di circa 6.500 posti letto; a queste, si devono aggiungere le 8 Rsd con circa 400 posti. In Vallecamonica (Ats della Montagna), le Rsa sono 14 e vi è una Rsd accreditata con Regione Lombardia. La rete dei servizi sociosanitari è molto articolata, e contempla anche comunità alloggio per persone con disabilità, ma nel provvedimento di Regione Lombardia si fa esplicito riferimento solo a Rsa e Rsd.Consiglio regionaleVideosorveglianza nelle Rsa e Rsd.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato