«Continuiamo a fare pressione perché prevalga la giustizia»
«Chiediamo alle persone di non fermarsi, bisogna tenere alta l’attenzione su Sana Cheema perché si capisca cosa le è accaduto, senza che restino dubbi».
Wajahat Abbas Kazmi è in un certo senso sollevato dalla risonanza che sta ottenendo l’appello lanciato per ottenere verità e giustizia sulla morte della venticinquenne pakistana. Sollevato perché temeva che il caso di cui ha scritto fin da subito, sul blog Sono l’unica mia, dopo il primo articolo apparso sul Giornale di Brescia, finisse nel disinteresse generale. E invece la mobilitazione sta andando avanti, coinvolgendo nuove persone in Italia e anche in Pakistan.
Il modo per aderire è semplice: basta postare una propria foto su Twitter, Instagram o Facebook con in mano un cartello con scritto #VeritaPerSana, #TruthForSana, #GiustiziaPerSana. Nel paese di origine di Kazmi, nato anche lui come Sana Cheema nella zona di Gujrat, si è mosso il popolare conduttore televisivo Danish Hussain, che su 92 News è stato tra i primi a occuparsi del giallo legato alla scomparsa della ragazza bresciana d’adozione.
«Adesso tutti i media locali stanno seguendo la vicenda - prosegue Kazmi -, ma le notizie che arrivano fanno capire che servirà ancora del tempo per avere informazioni sicure sui risultati dell’autopsia. E se saranno necessari mesi ho paura che a lungo andare la pressione dell’opinione pubblica diminuisca d’intensità. Per questo motivo non dobbiamo fermarci».
Dal Pakistan è arrivato anche l’appoggio della comunità transgender Kss di Lahore, mentre a livello internazionale la causa è stata sposata da Women’s March, dopo l’iniziale supporto limitato alla sezione di Milano. «Ogni goccia, con tante altre, può formare un oceano».
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