Con i koala salviamo anche gli aborigeni

Un nuovo spunto di pensiero offerto da Augusta Amolini: oggi si parla di Australia, terra gravida di contraddizioni
Un nucleo famigliare aborigeno -  Foto © www.giornaledibrescia.it
Un nucleo famigliare aborigeno - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Sofia è l’amica del cuore di mia figlia, gira in casa nostra da quando erano piccole. Sedute in soggiorno, sapendola appena rientrata dall’Australia, le chiedo se la situazione è grave come mostrano i telegiornali. Con tono afflitto risponde: «È molto peggio di quanto appare in televisione, abbiamo dovuto preparare i bagagli e abbandonare in mezz’ora l’Isola dei canguri».

Vedo dal suo smartphone le fotografie del residence dove alloggiava, bruciato insieme a due persone che tentavano di spegnere il fuoco intorno al loro cottage. È ancora provata dall’esperienza del volo verso Sidney, dirottato su un lontano aeroporto militare a causa del forte vento. Racconta che tutto era immerso in una coltre di fumo e un odore acre di grigliata si diffondeva ovunque. Ha visto con i suoi occhi canguri e koala ustionati alla disperata ricerca di acqua. Gli stessi che sono diventati il simbolo di una smisurata tragedia ambientale, amplificata dal gesto criminale dei piromani.

Le chiedo notizie riguardo gli aborigeni poiché le informazioni che giungono su di loro sono piuttosto scarse. Di solito vengono legati al folclore del territorio, omettendo che fino agli anni Settanta la loro condizione venisse regolata dalle stesse norme sulla flora e sulla fauna e non fossero neppure considerati pienamente cittadini australiani. Decimati dai batteri portati dagli europei, espropriati delle terre che abitavano da millenni hanno seguito l’analoga sorte degli indiani d’America. Soltanto nel 2008 il Parlamento Australiano ha pronunciato delle scuse ufficiali per le «generazioni rubate», quelle migliaia di bambini sottratti fino al 1967 alle famiglie aborigene, adottati o richiusi in collegi per essere uniformati a regole culturali nelle quali non si riconoscevano.

Questo popolo dalla pelle nera e dai caratteristici capelli biondicci che crede nel potere precognitivo del sogno annovera gli ultimi cacciatori-raccoglitori. Essi ancora riposano su una gamba sola sullo sfondo rosso di Ayers Rock, il monolite sacro, patrimonio dell’umanità. L’Australia è una terra gravida di contraddizioni. È stata una delle prime nazioni a riconoscere il voto alle donne nel 1902 ma resta colpevolmente inattiva verso i numerosi aborigeni bruciati dall’alcol e dall’emarginazione. Loro sono stati le vittime sacrificali del fuoco coloniale che sfrutta e snatura i popoli. Oggi meritano «come contributo alla guarigione della nazione» una vera tutela, come tutte le creature fragili, bisognose di cura per salvarsi all’estinzione.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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