Come sta la torre Cimabue
Le tre signore davanti al centro anziani un po’ ci scherzano su: «Mai visto così pulito, sarà che oggi viene qui l’assessore...». Nel corridoio al primo piano della torre Cimabue, quartiere di San Polo, gli operai di Aprica ieri mattina hanno fatto il lavoro di fino, e dello sterco di piccione che normalmente insozza il pavimento non c’è proprio traccia.
Piccioni e spazzatura. A gennaio su queste pagine avevamo denunciato la situazione inaccettabile; da un mese il Comune - proprietario dell’edificio affidato in gestione all’Aler - ha collocato un controsoffitto che impedisce agli uccelli di posarsi. Ma i piccioni sono ancora lì, a becchettare sulla grande terrazza di cemento gli avanzi gettati dalle finestre dell’edificio. Han perduto il nido ma non la confidenza con il luogo; se riescono, volano fin dentro gli appartamenti. Il furgone di Aprica è ancora nel parcheggio, quando arriviamo. Il giovedì è giorno di raccolta dei rifiuti che non finiscono nella differenziata, ma nel giardino direttamente dalle finestre.
«È pericoloso anche affacciarsi - commenta una signora al settimo piano, 25 anni di anzianità nella torre, in uno dei 180 appartamenti che compongono questo alveare -. Se rispetti le regole sei odiato. Non c’è solo la sporcizia, scenda le scale, vada a vedere...».
Le scale sono quelle che dovrebbero garantire la fuga in caso d’incendio. Ad ogni piano un sacchetto d’immondizia abbandonato, e poi passeggini parcheggiati, indumenti sporchi, addirittura un divano lasciato sghembo su un pianerottolo. Delle manichette antincendio, controllate ogni sei mesi (l’ultima volta a dicembre, documenta una firma su un cartellino) in due casi su tre resta solo il rubinetto nudo oltre la cornice di un vetro sparito da tempo: «Le lance sono di ottone, se le rubano» commenta un inquilino, sconsolato. Buon vicinato. Il linoleum dei corridoi è tirato a lucido. «Pulisco io qui fuori» spiega una ragazza dall’accento dell’est e dagli occhi chiari che si affaccia da un appartamento inondato di luce. Da dentro casa una voce maschile commenta che «va tutto bene, niente da dire». Tutto bene, per chi qui ha ormeggiato una vita sballottata dalle difficoltà.
«Io sono una di quelle con i debiti - racconta una donna, cagnolino al guinzaglio -. Adesso mio figlio lavora, paga lui affitto e bollette. Da qui non vado via. E poi - scherza con la vicina di pianerottolo - come farebbe lei senza di me...?». Trame di buon vicinato, appigli a cui tenersi forte in questo paese verticale in cui le nazionalità si contano con i cognomi sui campanelli, con le parabole aggrappate ai davanzali, con i nomi dei ragazzini che in ludoteca si danno il turno per rimettere a posto: Yassin, Hiba, Wiam... Insieme, nella torre Cimabue.QuartieriUn nuovo progetto sociale per San Polo e Sanpolino
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