Come si propaga un incendio tetto e perché è anche un problema culturale
«Il tetto di una casa è fatto in modo da essere impermeabile all’acqua da sopra. Anche quando brucia coprirlo di acqua non serve. Bisogna salirci, "stegolarlo", cioè alzare i coppi per vedere quello che c’è sotto, tra le fiamme e poi tagliare fisicamente con la motosega le travi in legno per bloccare strada al fuoco». Prima di qualsiasi considerazione tecnica, prima delle procedure operative e delle relative indagini specifiche, il funzionario del Vigili del fuoco di Brescia, Michele Paderno, spiega in poche, semplici parole, quanto sia complesso affrontare un incendio tetto e perché, più ancora che in altri casi, è fondamentale fare prevenzione.
Tanti interventi
Con l'arrivo della stagione autunnale prima e invernale poi, soprattutto nelle valli, le famiglie hanno cominciato ad accendere stufe e caminetti e purtroppo sono già diversi gli interventi registrati da parte dei Vigili del fuoco per evitare che le fiamme divorassero l’intero complesso. Nel 2022 gli interventi erano stati 190, avevano richiesto oltre 400 ore di lavoro e visto complessivamente impegnati 744 uomini e 228 mezzi. La speranza è che la prevenzione e la formazione possano contribuire a ridurre questi numeri.
«Dopo ogni intervento verifichiamo le cause dell’incendio - prosegue Paderno - e nella maggior parte dei casi scopriamo che ad innescare il fuoco sono stati errori di costruzione o di progettazione oppure la scelta di materiali non adeguati, sia nelle case nuove sia in quelle in cui stufe e caminetti sono stati aggiunti in un secondo momento». Nello specifico l’ingegnere del comando di via Scuole spiega che «la canna fumaria passa tra i solai dei diversi piani e incontra le travi dei tetti di legno. Il punto di contatto è quello in cui si innesca l’incendio».Come si propaga un incendio tetto
Bisogna poi sapere che «l’incendio tetto parte molto lentamente ma poi, una volta che è sviluppato, è molto difficile da affrontare. Perché il legno a contatto a lungo con il calore che arriva da una canna fumaria non correttamente costruita, non ben isolata o non pulita, porta alla progressiva carbonizzazione». Non è semplice accorgersi che sta accadendo e quando viene lanciato l’allarme spesso la situazione è già grave. «Le nostre squadre devono intervenire in modo complesso e pericoloso per gli operatori. Salendo sul tetto in fiamme, aprendo letteralmente il tetto per poter bagnare il fuoco e tagliargli la strada rimuovendo il legno che sta bruciando». La cronaca degli scorsi mesi testimonia purtroppo anche l’infortunio di un Vigile del fuoco del distaccamento di Darfo proprio durante uno di questi interventi, travolto dal crollo di un muro. E poi c’è l’acqua.
Non solo i danni del fuoco
«Per spegnere un tetto in fiamme lo si apre poi lo si bagna. L’acqua dello spegnimento inevitabilmente finisce negli appartamenti sottostanti con i relativi danni che può provocare». Dall’esperienza dei Vigili del fuoco è insomma evidente che anche in questo caso la prevenzione è la migliore difesa: «Un nostro intervento su un tetto è molto invasivo ma è necessario per evitare che il fuoco si propaghi agli edifici vicini. Nel caso di un centro storico, con caseggiati adiacenti, potenzialmente si possono avere incendi che si diffondono in interi quartieri se non bloccati in modo efficace», spiega ancora Paderno che poi conclude: «La migliore difesa è quella di un regolare controllo dello stato dei materiali della canna fumaria, in tutti i punti in cui attraversa i piani e il tetto e la scelta di affidarsi sempre a professionisti qualificati».
L'esperto di stufe e camini
Alle parole dei Vigili del fuoco fanno eco quelle degli installatori di stufe e camini che, per primi, non usano mezzi termini: «Fare i lavori a regola d’arte e con materiali di qualità ha dei costi più alti ma è l’unico modo per essere sicuri. Non si possono barattare poche centinaia di euro all’anno con il rischio di un devastante incendio che può distruggere la casa quando non addirittura ferire qualcuno». Paolo Riviera, di Progetto Fuoco di Poncarale, da oltre vent’anni si occupa dell’installazione e della manutenzione di stufe e caminetti e, entrando ogni giorno nelle case delle famiglie bresciane, si è fatto una idea chiara della situazione. «Io e anche tanti miei colleghi piuttosto rinunciamo ad un lavoro se non è possibile farlo al meglio, anche perché non potremmo fornire le necessarie certificazioni».
Dal suo punto di osservazione privilegiato, Riviera ha notato che «fino a prima del Covid facevamo tanta manutenzione e poca vendita. Poi le cose sono cambiate e la tendenza si è accentuata ancora di più con lo scoppio della guerra in Ucraina. Le persone hanno paura e puntano all’autonomia come riscaldamento e cucina e cercano anche di contenere i costi delle materie prime, soprattutto il gas. Nelle ultime due stagioni ho venduto tutto quello che avevo in negozio e comunque ho avuto altre richieste. In generale comunque le diverse crisi hanno spinto il ritorno all’installazione di stufe e caminetti».
L’esperto installatore non nasconde che «ci sono diversi pericoli. Soprattutto nelle strutture più vecchie. In alcune case mi sento dire che il camino ha vent’anni e va benissimo ma è proprio per quello che ha più bisogno di manutenzione». Nelle nuove realizzazioni «ci sono materiali certificati per poter stare direttamente a contatto con il legno del tetto, se posati correttamente sono super sicuri. Certo si tratta di pezzi speciali che da soli vanno dai 500 ai 1.300 euro». In tema ambientale la discussione è sempre aperta ed è il caso di fare chiarezza. «Sono vietati i camini aperti e le stufe prodotte prima del 2014. Quelle successive, stufe o caminetti, che sono classificate con delle stelle in base all’efficienza energetica sono permesse e anzi beneficiano anche di alcuni bonus». Per la prevenzione dei rischi la soluzione deve essere «radicale, purtroppo manca la cultura della sicurezza. Credo che l’unica soluzione possibile sia quella di rendere obbligatoria la manutenzione ogni due anni anche per i caminetti, magari con un prezzo convenzionato».
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