Com'è la situazione dell'occupazione dopo la pandemia
La fotografia del mondo del lavoro che si può scattare per questo Primo maggio è drammaticamente impietosa: il tempo determinato è ormai praticamente una certezza, un tempo determinato che può arrivare anche a contratti di pochi giorni; la disoccupazione colpisce soprattutto le donne, una piaga che peggiora costantemente e che non si riesce a sanare; i giovani non riescono a trovare professioni che rendano onore ai loro studi e le aziende non riescono a coprire i posti di lavoratori specializzati.
La pandemia ovviamente ci ha messo pesantemente del suo nel portarci a questo punto, una situazione eufemisticamente complicata resa ancora più precaria e intricata dalla guerra in Ucraina che ha inciso negativamente anche sul sistema economico.
I dati
I dati parlano chiaro: i segnali di ripresa che si erano registrati nel post pandemia sono stati raffreddati dal conflitto; nel confronto tra il 2021 e il 2020, a conti fatti, sulla base delle rilevazioni Istat, mancano ancora 11mila occupati, rispetto al periodo pre pandemia e le persone in età lavorativa considerate come «non forze di lavoro» aumentano di 12mila unità. Dai dati dell’indagine emerge che, in provincia di Brescia, nel 2021, lo stock delle forze lavoro, le persone con più di 15 anni occupate e disoccupate, ammonta a 569mila unità.
Nell’ultimo triennio, che abbraccia il periodo pre pandemia, ovvero il 2019, e il biennio successivo, segnato dalla pandemia, le forze di lavoro in provincia di Brescia, nelle medie annuali, si riducono di 11mila unità, pari al -1,9%. La riduzione delle forze di lavoro, nel periodo 2019-2021, interessa in misura maggiore le donne (-8mila, -3,3%) rispetto ai maschi (-3mila, pari al -0,9%). La riduzione delle forze di lavoro è stata netta tra la media del 2019 (580mila) e quella del 2020 (558mila), con una flessione di 22mila persone, pari al -3,8%.
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Dipendenti
L’occupazione conferma una dinamica in crescita alla fine del 2021, in linea con l’andamento del Pil, dopo la caduta innescata dalla pandemia, ma anche che a trainare la risalita (per quanto recentemente infiacchita) è ancora il lavoro a tempo determinato. Neanche a dirlo, i protagonisti del fenomeno sono spesso i giovani, anche con contratti di pochi giorni. Neanche l’1% dei nuovi rapporti di lavoro precari attivati tra ottobre e dicembre dell’anno scorso supera un anno, oltre il 13% è di un solo giorno, quasi il 40% dura un mese.I dati delle Comunicazioni obbligatorie rielaborate del ministero del Lavoro relativi all’ultimo trimestre 2021 fotografano un aumento delle posizioni lavorative dipendenti pari a 229mila (risultato tra 2 milioni 619mila attivazioni e 2 milioni 390mila cessazioni di rapporti di lavoro), rispetto al trimestre precedente: sia a tempo indeterminato (+68mila) ma soprattutto a tempo determinato (+160mila).
Ricerche
Ma quali sono i lavori più richiesti dalle aziende? Il gruppo più rappresentato nella top 20 è quello dei conduttori d’impianti, che comprende 5 profili tutti super richiesti: gli operatori robot industriali (17,6%), gli addetti macchine lavorazioni metalliche (6,7%) e i conduttori macchinari lavorazione gomma (4,2%). Seguono il personale non qualificato e gli operai specializzati, entrambi con 4 profili: se tra i primi vanno forte i non qualificati in imprese industriali (8,8%) e gli addetti consegna merci (7,6%), fra i secondi spiccano i fonditori, saldatori (2,5%) e i montatori, manutentori (1,8%). Leggermente più distanziati i tecnici e gli impiegati esecutivi e gli addetti al commercio, la cui domanda mostrerebbe segnali di ripresa.
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