Codici identificativi nelle forze di polizia, già 34mila firme
«Sono già 34.000 in due settimane le persone che hanno firmato l’appello rivolto da Amnesty International Italia al ministro dell’Interno Matteo Salvini e al capo della Polizia Franco Gabrielli per chiedere che le forze di polizia siano dotate di codici identificativi alfanumerici individuali durante le operazioni di ordine pubblico». Lo rende noto un comunicato dell’organizzazione, che ha diffuso un video «con la testimonianza di Paolo Scaroni, il tifoso del Brescia ferito in modo molto grave durante una carica degli agenti di polizia il 24 settembre 2005, mentre rientrava dalla partita tra il Verona e le rondinelle.
«Colpito ripetutamente alla testa col manganello girato al contrario - sottolinea il comunicato - Scaroni è rimasto in coma per due mesi ed è tuttora invalido civile al 100 per cento». In primo grado, gli agenti imputati sono stati assolti «poiché i caschi indossati hanno impedito di riconoscere i responsabili del pestaggio. È poi emerso che i filmati che avevano ripreso l’episodio erano incompleti. L’8 marzo 2019 inizierà il processo d’appello».
Amnesty International ritiene urgente che sia varata una normativa in linea con gli standard internazionali, che preveda l’utilizzo di codici identificativi alfanumerici ben visibili sulle uniformi degli agenti impegnati in attività di ordine pubblico e che stabilisca che l’inosservanza di detto obbligo venga sanzionata. L’organizzazione ricorda che in occasione del G8 a Genova del 2001, molti appartenenti alle forze di polizia «coinvolti in violazioni dei diritti umani rimasero impuniti anche perché non fu possibile risalire alle loro identità».
Nel 2012 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che sollecita gli stati membri a garantire che il personale di polizia porti un numero identificativo. L’Italia non ha adempiuto e le proposte presentate nelle passate legislature in parlamento non sono state approvate. «L’introduzione dei codici identificativi, così come peraltro di ulteriori misure come le body-cam per gli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico, rappresenterebbe - conclude Amnesty - non solo una garanzia per il cittadino, ma anche una forma di tutela per gli stessi appartenenti alle forze di polizia». Le informazioni relative alla campagna sono disponibili sul sito dell'organizzazione.
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