Cinque cose sul rogo del fantoccio di Salvini

Come il caso del selfie al funerale delle vittime di Genova, anche il caso del rogo della vecchia al Carmine ha qualcosa da dirci
Il rogo della vecchia al Carmine - Foto © www.giornaledibrescia.it
Il rogo della vecchia al Carmine - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Dalla strada al sito del Giornale di Brescia, da lì a quello dell’Ansa per poi arrivare alle principali testate nazionali: la notizia del rogo della vecchia col fantoccio di Matteo Salvini si è propagata più rapidamente dell’incendio stesso, com’era facilmente prevedibile considerando alcuni fattori: la presenza, anche se indiretta, del politico più mediatico in circolazione; il gesto eclatante; l’alto grado di suscettibilità che caratterizza la nostra epoca. Lo dico cercando di staccarmi da un giudizio sul fatto in sé, oscurato per l'appunto dai vari giudizi apparsi una volta che la notizia ha iniziato a girare. Come era accaduto lo scorso agosto, quando divenne virale il post con la fotografia del selfie di Salvini con una ragazza ai funerali delle vittime del ponte Morandi, la mole di reazioni ha qualcosa da insegnare, almeno credo.

- Salvini vince sempre. L’avevo già detto: pensare in questo momento di attaccare lui per fermare le sue idee politiche è un’operazione destinata a fallire. Più avanti si vedrà, perché nessuna gloria politica è eterna, ma adesso è così. L’intento del Gruppo de Noalter, bruciare il razzismo, era nobile di per sé. Le opere d’arte e gli articoli visibili in via Nino Bixio, al Carmine, prima del rogo della vecchia rappresentavano testimonianze efficaci sul tema dell’immigrazione, così come lo era il coinvolgimento dei richiedenti asilo del centro Pampuri, autori di una serie di maxi carte d’indentità disseminate lungo la strada. Mettere Salvini in mezzo significa dare a tutto ciò un valore di contrapposizione a qualcosa, non propositivo. Si crede nell’accoglienza perché si crede nell’accoglienza, non come reazione al razzismo. E se si reagisce al razzismo lo si fa rispetto all’idea, non contro una persona, almeno io la vedo così, dato che le persone passano, ma le idee evidentemente restano.

- Se si lancia il sasso, è inutile nascondere la mano. Che fosse in preparazione un fantoccio di Salvini era noto da settimane, almeno a livello confidenziale. «È lui, ma non si può dire», sintetizzo. Metterlo in strada in maniera fintamente camuffata non è servito a tenere nascosta la cosa, tanto che erano soprattutto i bambini a identificare nel pupazzo il vicepremier. Gli organizzatori sapevano che la questione era delicata, ma l’ambiguità non li ha certo aiutati. Nelle reazioni di chi li difendeva c’erano due tendenze inconciliabili: non è vero che è Salvini, è una libera interpretazione; embè? Lo si è sempre fatto con i politici, dal sindaco Bruno Boni al presidente Usa Trump. Delle due l’una, però. E mi sembra ovvio che bruciare Salvini, nel 2019, in Italia, nel preciso momento che viviamo, ha un valore diverso rispetto al sindaco per sempre o a The Donald.

- Non fare agli altri, eccetera. Mi hanno scritto su Facebook che la vecchia è un rito laico, quindi bisogna accettare queste cose. Ah, sì? A parte che nel rogo non c’è nulla di laico, ma molto di pagano. E poi: immaginate che al posto di Salvini ci fosse uno di voi, uno di noi, insomma non lui. Vi sarebbe piaciuto?

- La colpa, come sempre, è dei giornalisti. A un certo punto della discussione online è emerso che il problema non era tanto la vicenda in sé, ma il fatto che fosse stata raccontata e dunque strumentalizzata. Il che conferma una tendenza comune in tutti gli schieramenti: quando esce qualcosa che non piace, si attaccano i giornali e i pennivendoli, per dirla con l’altro vicepremier. Il rogo del fantoccio di Salvini è una notizia, c’è poco da aggiungere. Il fatto che gli organizzatori abbiano viste eclissate le loro buone intenzioni antirazziste di fronte alla luce di questo falò dovrebbe fare riflettere loro e chi dà loro ragione sull’efficacia della strategia scelta. Se lasci al tuo avversario la possibilità di segnare un rigore a porta vuota, per tornare al primo punto, c’è poco da lamentarsi.

- Sono tutti fuochi fatui. Viviamo di questi falò dell’opinione, della polemica, della divisione; durano qualche giorno e poi spariscono, anche se i problemi di fondo restano. La caramella al limone per le donne di Trenitalia faceva piangere e ridere assieme, ma dopo esserci sfogati siamo tornati al punto di prima. Accade sempre più spesso, l’alternativa è portare (comunque) avanti un proprio percorso coerente sui temi politici, sociali e via dicendo. Il che è sempre più difficile, ma c’è poca scelta. Altrimenti quel fantoccio siamo noi, altroché.

 

 

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