Cinema, presentato a Roma «Educazione Fisica» del regista salodiano Stefano Cipani: super cast
«Ho letto la sceneggiatura e sono stato colpito per la tematica, l’ambiente, i dialoghi e l’evoluzione. Amo i film claustrofobici perché a volare è la fantasia. Ma essendo un cittadino e un genitore, mi sono soprattutto chiesto: cosa avrei fatto io se mi fossi trovato in quella situazione?». Così Claudio Santamaria, nella sala Petrassi dell’Auditorium, parla in conferenza stampa del suo personaggio in «Educazione fisica» del salodiano Stefano Cipani, passato ieri alla Festa di Roma nella sezione Freestyle.
Il film, tratto dall’opera teatrale «La palestra» di Giorgio Scianna, ha soggetto e sceneggiatura dei fratelli D’Innocenzo. Cosa racconta? È una sorta di «Carnage» (l’opera del 2011 di Roman Polanski) parentale, in cui gli adulti, alla fine, sono messi anche peggio dei loro figli. Tutto ruota attorno ai genitori di tre alunni che vengono chiamati dalla preside (Giovanna Mezzogiorno) di una scuola media. Motivo dell’improvvisa convocazione, un fattaccio dai risvolti penali di cui i loro figli adolescenti si sono resi responsabili. Che fare? I genitori Santamaria e Raffaella Rea, entrambi di classe alto-borghese, e la coppia più modesta composta da Sergio Rubini e Angela Finocchiaro si ritrovano, appunto, in questa malandata palestra a doversi difendere dalle accuse rivolte ai loro figli. Come difendersi? Ognuno, in questo film che sarà prossimamente distribuito da 01, reagirà nella misura dei suoi soldi e della sua spregiudicatezza. Ma c’è chi, al contrario, mostrerà una maggior capacità di sacrificio e senso della famiglia.
Dice Giovanna Mezzogiorno: «Non faccio mai un film se non provo subito empatia. Ora, "Educazione fisica" non è stata una lavorazione facile; è un film molto parlato, molto psicologico, ma questo è anche il suo bello». Sergio Rubini: «Orgoglioso». «Il mio personaggio è mite, timido, ma nel corso della storia sviluppa tutta la sua razionalità» dice Rubini: «Il suo obiettivo primario è quello di salvare il figlio. Non ha denaro, ma tanto sale in testa. Sono orgoglioso di aver fatto questo film - continua l’attore - e anche io mi sono chiesto come avrei reagito. In una realtà come quella di oggi in cui i presidi sono presi a schiaffi e le istituzioni hanno perso credibilità, come si vede in questo film, entra in scena la famiglia. In realtà, vogliono proteggere i figli perché vogliono proteggere se stessi». Dice, infine, Stefano Cipani: «Lessi "La palestra" nel 2014 e me ne innamorai subito. Era qualcosa tra "La parola ai giurati" e "Carnage" dove emerge chiaramente l’atteggiamento da branco di questi genitori».Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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