Christo, Dada e il marketing delle mostre a Santa Giulia
Racconta un’amica: «Sono andata a Milano a vedere la mostra di Escher due settimane prima che aprisse». S’era confusa, povera, a forza di vedere cartelloni pubblicitari.
L’1 ottobre inaugura a Santa Giulia l’unico allestimento italiano sul dadaismo nell’anno del centenario. Mancano pochi giorni, pubblicità non se ne vedono. Che succede? Pensiamo a «The Water Projects», aperta tra il 7 aprile e il 18 settembre: 19.349 biglietti, 5.144 ingressi omaggio, quattromila partecipanti a eventi collaterali.
È passato il messaggio che per Christo e Jeanne Claude siano arrivati in (quasi) trentamila, ma il numero da guardare è 19.349 paganti. Il 40% è rappresentato da stranieri, dicono da Brescia Musei: una notizia buona, ma anche cattiva. Se gli italiani sono 11.600 vuole dire che non c’è stato sufficiente richiamo. In città, in provincia e fuori.
Le scuole erano chiuse, togliendo una fetta di pubblico? D’accordo. The Floating Piers s’è preso tutta l’attenzione e non ha fatto da volano a lungo termine? Vero. La mostra aveva in locandina proprio la passerella e poteva mettere confusione? Verissimo. Ma è anche certo che un’occasione come quella della presenza di Christo sia irripetibile, che l’allestimento fosse di alto valore e che 19.349 biglietti acquistati non gli rendano giustizia.
Bresciani, dove siete finiti? Organizzatori, cosa non ha funzionato? Ragioniamoci prima di confrontarci sul bilancio di «Dada 1916. La nascita dell’antiarte». C’è relativamente poco tempo: la mostra chiuderà il 26 febbraio.
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