Caso Cittadini, come il Riesame ha smontato il sequestro dei pm

Depositate le motivazioni che dichiarano illegittima la copia digitale dei file del cronista del GdB
Il giornalista Andrea Cittadini - © www.giornaledibrescia.it
Il giornalista Andrea Cittadini - © www.giornaledibrescia.it
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Inutile e illegittimo il sequestro del telefono per identificare le fonti del giornalista. Fonti che sono e rimangono riservate.

Lo ribadisce il Tribunale del Riesame di Brescia nelle motivazioni in base alle quali ha annullato il provvedimento con cui, il 24 luglio, la Procura aveva sequestrato il cellulare e il tablet al nostro collega Andrea Cittadini nell’ambito di un’inchiesta per rivelazione di presunte notizie coperte da segreto istruttorio.

«L’attivismo del giornalisti, specie di cronaca giudiziaria, è finalizzato alla ricerca di dati e informazioni necessari al corretto esercizio della professione e in questa fase preliminare di ricerca delle notizie i giornalisti si avvalgono delle più diversificate fonti, la cui specifica tutela normativa è finalizzata a garantirne la riservatezza, oltre che a garantire il libero e compiuto esercizio della professione» scrive - motivando così l’annullamento del sequestro del materiale informatico e quindi la distruzione della copia forense - il presidente del collegio Michele Mocciola. Il Procuratore capo Tommaso Buonanno e il sostituto Mauro Leo Tenaglia contestavano a Cittadini di aver «istigato e determinato ignoti pubblici ufficiali» alla rivelazione di notizie relative alle indagini sul delitto di Mario Bozzoli e sulla scomparsa di Sara Capoferri.

«Non è sufficiente affermare in ipotesi la realizzazione di un reato, bensì occorre che quella ipotesi sia indiziariamente supportata da corrispondenti elementi fattuali» scrive però il Riesame «e nel caso di specie - viene aggiunto - difettano del tutto elementi fattuali congrui a sostegno della prospettazione del pm». Non bastano poi gli articoli per contestare il reato, «perché quelle pubblicazioni - scrive il Riesame - possono prospettare in via di mera ipotesi una qualche collusione tra il giornalista e un pubblico ufficiale, ma possono prospettare con ipotesi equivalenti altre e diverse fonti di informazioni dirette e indirette».

Sul tema delle fonti del cronista e sul diritto-dovere di segretezza i giudici sostengono che «la varietà ed eterogeneità dei canali informativi consentono di ipotizzare plurime fonti cui il giornalista attinge quotidianamente nella professione, fonti tutte equipollenti e non necessariamente in contesti di illegalità». Bocciata quindi l’inziativa della Procura che cercava nel telefono del collega i contatti, tra sms e telefonate, con pubblici ufficiali.

«Si rivela eccentrica la motivazione del Pm di un sequestro necessario per l’individuazione di un concorrente nel reato, anzi - si legge nell’ordinanza - proprio il fatto che il sequestro è stato disposto per acquisire la notizia di un concorso di persone nel reato ad oggi neppure ipotizzato rivela l’insussuistenza delle finalità di prova».

 

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