Caso Caffaro: «Inquina ancora, molte criticità sulle acque»
Ad un anno dal deposito delle indagini di Arpa, la Procura fissa alcuni punti fermi nell’indagine sulla Caffaro. Due su tutti: l'impianto continua ad inquinare con valori di Cromo e Mercurio ben al di sopra dei parametri di legge e la barriera idraulica di messa in sicurezza di emergenza (Mise) per bloccare il propagarsi dell’inquinamento dell’acqua sotterranea a valle dello stabilimento, presenta forti criticità.
È quanto emergerebbe dall’indagine per inquinamento e disastro ambientale del sostituto procuratore Donato Greco che con l’aggiunto Silvio Bonfigli, nei mesi scorsi aveva iscritto nel registro degli indagati Roberto Moreni, commissario straordinario del sito di interesse nazionale, Marco Cappelletto, commissario liquidatore di Caffaro Chimica che ha lasciato l’incarico nei giorni scorsi, Fabrizio Pea e Alfiero Marinelli delegato per l’ambiente e la sicurezza dell’azienda e ancora Donato Todisco, proprietario del gruppo Chimica Fedeli e già finito sotto indagine nel 2013, l’amministratore delegato Alessandro Quadrelli, il direttore generale Alessandro Francesconi e il direttore dello stabilimento di via Milano Vitantonio Balacco.
Gli inquirenti sono intenzionati a chiudere l’indagine nelle prossime settimane. «Per dare risposte che la cittadinanza aspetta da troppo» è il pensiero raccolto a Palazzo di giustizia dove sul caso Caffaro è stata ripresa in mano e attualizzata l’inchiesta del 2013 dal sostituto procuratore Silvia Bonardi. La relazione del consulente che scattò sei anni fa una fotografia del sito di via Milano oggi è ancora tristemente reale con un quadro che addirittura risulta peggiore. «Il trattamento delle acque della barriera idraulica non è sufficientemente adeguato alla completa decontaminazione delle acque di falda» scrisse il 26 gennaio 2014 Santo Cozzupoli nella relazione trasmessa ai pubblici ministeri Silvia Bonardi e Claudio Pinto che il 4 giugno 2013 avevano chiesto al consulente tecnico di descrivere «le modalità di gestione delle acque di scarico e della loro messa in sicurezza con riferimento all’impianto produttivo, se l’impianto attualmente in funzione sia adeguato alle finalità della messa in sicurezza e se presenti eventuali criticità».
Sulla funzionalità degli impianti di trattamento delle acque estratte dalla barriera idraulica le conclusioni depositate nel 2014 del consulente della Procura sono ritenute valide anche oggi da chi indaga. «Si ritiene che l’impianto di trattamento sul pozzo 7 sia idoneo e abbia un ottimo rendimento, ma che da solo non sia sufficiente per la decontaminazione di tutta l’acqua di falda emunta con la barriera idraulica, e che sarebbe necessario che anche l’acqua emunta dagli altri sei pozzi venisse trattata adeguatamente» scrisse Santo Cozzupoli. Sette anni dopo chi indaga è sicuro: «Nulla è cambiato e Caffaro continua ad inquinare».
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