Case di Comunità, l'inaugurazione delle strutture a Leno e a Nave
Per ora si indica il minimo, consapevoli che il contenuto complessivo è ancora tutto da declinare. Sì, perché se oggi a Nave e a Leno la vicepresidente di Regione Lombardia Letizia Moratti e il presidente Attilio Fontana inaugurano ufficialmente le prime due Case di Comunità della provincia di Brescia, è in forse che si possa procedere ad inaugurarne altre entro l’anno.
La marcia per ricostruire la sanità territoriale è iniziata, ma si tratta di una lunga marcia. I finanziamenti del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, per rafforzare la sanità territoriale sono stati individuati a livello del governo centrale un miliardo e 200 milioni di euro. Ma non sono ancora nella disponibilità della Regione, che integra con 800 milioni e, dunque, senza questo passaggio fondamentale, non è possibile partire con le gare di appalto.
La quasi totalità delle strutture individuate in questa fase, che sono già di proprietà del Servizio sanitario regionale o degli Enti locali, richiedono interventi strutturali e, a meno che vi siano speciali accelerazioni nella tempistica degli appalti pubblici, ci sono tempi tecnici da rispettare.
I tempi tecnici
«Del resto - spiegano gli addetti ai lavori - i servizi sul territorio così come previsto dalla legge di riforma regionale e dalle delibere attuative, dovranno essere pienamente a regime entro il 2025. La delibera di giunta dello scorso dicembre ha dato mandato alla direzione generale Welfare di confermare la graduale e progressiva attivazione dei servizi di almeno due Case di Comunità e di un Ospedale di Comunità in ciascuna delle Agenzie di tutela della Salute lombarde a partire dal 31 dicembre 2021. Si è partiti con Nave e Leno».
In totale, le Case di Comunità da realizzare in tutta la provincia di Brescia sono 34, sono nove gli Ospedali di Comunità e sono tre le Centrali operative territoriali. Ogni Casa è finanziata con 1,5 milioni di euro ed ogni Ospedale di Comunità con 2,5 milioni. Se lo spazio temporale previsto per la loro completa realizzazione è quello del prossimo triennio, già si sa che ci sono alcune realtà - Nave e Leno su tutte - che sono pronte a trasformarsi già dal prossimo anno «un punto di accessi ai servizi sanitari territoriali» così come auspicato dalla legge e, soprattutto, dai cittadini che aspirano a risposte concrete ai loro bisogni sanitari e sociali senza peregrinazioni e, soprattutto, senza le attese che erano già lunghe prima della pandemia e che il Coronavirus ha reso lunghissime. I vertici delle quattro Asst (azienda sociosanitarie territoriali) e dell’Agenzia di tutela della Salute presenti nella nostra provincia sono stati molto reticenti, per non dire muti, sul cronoprogramma, ricordando che entro fine anno hanno inviato le schede delle localizzazioni in Regione e che ora si attende il via libera da Roma per poter procedere.I prossimi passi
Intanto, si sa per certo - oggi l’inaugurazione - che sta prendendo forma la Casa di Comunità di Nave per l’Asst Spedali Civili in una struttura di proprietà del Comune. Le più accreditate a partire entro fine anno o nei primi mesi del 2023 - sono quella di Tavernole e, a Brescia, Casa e Ospedale di Comunità in via Duca degli Abruzzi. L’Asst Valcamonica partirà con Darfo con una Casa in una struttura già di proprietà del Servizio sanitario, a seguire Breno (Casa e Centrale operativa territoriale), Pisogne ed Edolo, quest’ultimo sia Casa sia Ospedale.
Per l’Asst Garda oggi l’inaugurazione di Leno. Seguirà Salò dove il protocollo d’intesa concede 48 mesi dalla consegna del terreno avvenuta a fine gennaio 2022. Per l’Asst Franciacorta la più prossima («anche se non crediamo possa essere inaugurata entro il 2022») ad essere funzionante sarà la Casa di Comunità di Barbariga che sarà aperta nel palazzo già sede del Municipio. Seguiranno Chiari ed Orzinuovi nel 2023.
Il personale
La legge prevede, anche, che le Case di Comunità si differenzino tra hub e spoke. Cosa significa? Sono previste due «categorie» di Case di comunità: quelle «hub» che garantiranno l’attività medica ed infermieristica sulle 24 ore sette giorni su sette e che dovranno essere organizzate in modo tale da permettere un’azione d’équipe tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali, infermieri di famiglia e comunità ed altri professionisti della salute. E quelle «spoke», che dovranno garantire l’attività medica ed infermieristica sulle 12 ore sei giorni su sette e che dovranno rimanere in collegamento con le «hub».
Lo standard di risorse professionali necessarie al funzionamento delle strutture territoriali prevede per gli Ospedali di Comunità un massimo per ciascuno di 9 infermieri, 6 operatori sociosanitari, un medico con disponibilità giornaliera di 4 ore. A far funzionare le Case di Comunità saranno i medici di Medicina generale, specialisti ambulatoriali, infermieri di famiglia e altri professionisti già presenti nella sanità pubblica.
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