Carlo Nicolini: «Un viaggio pieno di insidie per lasciare Kiev»

Il racconto del bresciano tornato dall'Ucraina, dove negli ultimi anni ha esercitato la sua attività di dirigente sportivo allo Shakhtar Donetsk
Carlo Nicolini - © www.giornaledibrescia.it
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Carlo Nicolini, bresciano di Caino, è tornato di recente dall'Ucraina, dove negli ultimi anni ha esercitato la sua attività di dirigente sportivo allo Shakhtar Donetsk e recentemente ha vissuto sulla propria pelle, insieme al tecnico bresciano Roberto De Zerbi e all'ex rondinella Davide Possanzini, le prime angoscianti giornate dell'invasione russa nel paese.

Un racconto drammatico quello del dirigente bresciano, fatto al teatro di Caino in occasione della presentazione del libro su Gianluca Vialli di Matteo Bonetti, dirigente della Germani Brescia: «Sinceramente non ci aspettavamo che, nonostante le minacce e le truppe ammassate per molti giorni ai confini, Putin arrivasse a tanto. L'incubo si è materializzato in poche ore e la realtà è diventata subito tragica. Anche se per ben otto anni abbiamo avuto alle porte un conflitto che ha provocato 14mila morti e che però non aveva mai riscosso l'attenzione dei media occidentali. Forse si sarebbe potuto fermare prima. Ci era stato proposto - ha proseguito Nicolini - di lasciare in anticipo il paese, ma non volevamo abbandonare i ragazzi in un momento tanto difficile. Soprattutto i giocatori brasiliani, che sono andati nel panico ed avrebbero voluto partire subito rischiando di dover compiere un viaggio infinito senza la possibilità di disporre di acqua e cibo e con bambini piccoli al seguito. Ci siamo perciò messi in contatto con le autorità e, grazie agli interventi del presidente dell'Uefa Ceferin e della Federcalcio Gravina, siamo riusciti ad organizzare il loro viaggio. Da parte nostra invece abbiamo dovuto aspettare ancora un paio di giorni. Per fortuna il presidente del club ci aveva fatto alloggiare in un albergo dotato anche di un bunker. Poi finalmente siamo partiti: è stato un viaggio lungo, drammatico e pieno di insidie, ma alla fine abbiamo portato a casa la pelle. Restiamo in contatto con i ragazzi: ce n'è uno che ha da poco compiuto 18 anni e un altro che si è appena sposato e con la moglie incinta. Vogliamo restar loro vicini il più possibile».

Cosa ci si può aspettare ora? «Le prospettive non sono certo buone. Come italiani possiamo però fare qualcosa. Iniziamo ad aiutare le persone che stanno arrivando e che credo saranno moltissime, stando attenti però ad individuare le associazioni effettivamente incaricate di consegnare gli aiuti. Ho cercato di aiutare alcuni amici trovando loro una sistemazione a Milano ma ben quattro alberghi non li hanno accettati perché avevano solo due vaccinazioni e non il super green pass. La stessa cosa per trovare un treno per la Francia. Nulla da fare senza super green pass. Mi sono dato da fare allora per trovare un pulmino che li accettasse e li conducesse in Francia. Certi ostacoli in questi casi eccezionali vanno rimossi al più presto».

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