Carenza di organico, così la sede Inps di Brescia rischia di ridursi a sportello

Aleggia la chiusura sugli uffici di Breno, Chiari, Iseo, Manerbio, Villanuova, Montichiari e Desenzano
INPS SOTTO ORGANICO PER CGIL E CISL
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Il rischio è che presto si arrivi ad un blackout nella fornitura dei servizi dell’Inps in tutta la provincia. «Ce lo aspettavamo, ma ora la situazione è diventata insostenibile». Marcello Marroccoli, segretario della Cisl Funzione Pubblica di Brescia, paventa lo scenario peggiore, ma già oggi il clima che si respira nella sede cittadina dell’Istituto di previdenza non lascia presagire nulla di buono.

Da anni l’Inps di Brescia vive infatti una pesante e progressiva emorragia di organico, passato dai 324 dipendenti del 2019 ai 248 al 31 dicembre scorso. Ben 86 unità in meno in soli quattro anni.

La situazione

Come se non bastasse, nel 2023 è previsto un’ulteriore uscita di 40 lavoratori,ormai prossimi alla pensione. «Così la sede Inps di Brescia, la seconda più grande d’Italia, potrebbe presto ridursi solo ad un semplice sportello. E tutte le pratiche dei bresciani potrebbero essere lavorate altrove, a Roma o a Palermo», infierisce Francesca Baruffaldi, segretaria di Cgil Brescia Funzione Pubblica. E la stessa desertificazione (comune a tutta la Pubblica amministrazione a Brescia, e non solo) coinvolge le otto sedi territoriali di Breno, Iseo, Chiari, Manerbio, Montichiari, Villanuova e Desenzano - che secondo i rappresentanti sindacali rischierebbero addirittura la chiusura. «La sede di Manerbio è passata da 20 a 6 dipendenti in soli due anni», racconta un funzionario.

Un problema di non poco conto per la tenuta del sistema in una provincia da un milione di abitanti: basti pensare che lo scorso anno l’Inps ha gestito 357.700 prestazioni pensionistiche, ha liquidato 30mila nuove pensioni e ha fornito oltre 36mila prestazioni di disoccupazione.

Il futuro

A fronte della preoccupante carenza, dopo anni di spending review, mesi fa è stato indetto un concorso che avrebbe dovuto portare all’assunzione di 92 nuovi dipendenti nella sede provinciale, ma il boom di rinunce ha determinato l’ingresso di sole 21 unità. «Questo perché la maggior parte dei vincitori non vuole venire a Brescia - spiegano Marroccoli e Baruffaldi - perché il costo della vita è più alto e spesso si tratta di persone che provengono da altre zone d’Italia».

Per ovviare alla matrioska di problemi, i sindacati propongono bandi territoriali che intercettino direttamente i candidati bresciani, ma ad oggi la proposta non pare concretizzabile. Intanto ieri il grido di allarme ha riecheggiato davanti al palazzo di via Benedetto Croce, dove dipendenti e sindacalisti si sono riuniti in assemblea.

E tra bandiere e volantini, è partito il primo massiccio appello ai vertici dell’istituto, alle istituzioni territoriali e al governo regionale, «perché si attivino con noi per sollecitare il Governo affinché si proceda con la massima celerità a nuove assunzioni. Altrimenti a farne le spese saranno soprattutto i cittadini fragili della Lombardia».

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