«Canton Mombello è sempre peggio, starci dentro è drammatico»

Un detenuto attualmente in affidamento in prova racconta cosa significa vivere dentro il Nerio Fischione
CANTON MOMBELLO MAGLIA NERA
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Il carcere di Canton Mombello lo ha conosciuto in due periodi diversi della sua vita. Prima vent’anni fa e poi recentemente. Adesso sta affrontando un periodo di affidamento in prova per cercare di mettersi definitivamente alle spalle i guai con la giustizia. Che per Martino, nome di fantasia, 40enne bresciano, sono sempre stati legati allo spaccio di droga.

Canton Mombello ancora una volta viene inquadrato come uno tra le peggiori carceri di Italia. Come è stata la sua esperienza?

«Sì, è probabilmente è in cima alla lista come peggiore e questo non lo dico solo per la mia esperienza ma anche per quello che raccontavano detenuti provenienti da altre carceri e cioè che nessuno è peggio di Canton Mombello. La mia esperienza è stata sicuramente traumatica come lo è per ogni persona che ha il proprio vissuto a cui oltre a venir mancare la libertà vengono tolte tutte una serie di cose che sono alla base della normalità di una vita quotidiana».

È davvero il sovraffollamento il problema più grande della struttura che sorge in centro città?

«Quello è il primo dei problemi principali, ma va a concatenarsi con molti altri. Penso che un altro grande problema sia proprio la struttura ormai vecchia, fatiscente e inadeguata».

Lei che ha vissuto Canton Mombello in epoche diverse, ci può dire come è cambiato il carcere negli anni?

«Tantissimo e come dicevamo prima in peggio proprio perché non è riuscito a stare al passo del cambiamento dei detenuti. Una volta c’erano moltissimi italiani. Ora la popolazione di Canton Mombello è fatta di etnie diverse. Senza dimenticare chi ha problemi psichiatrici o di tossicodipendenza e che nella maggior parte dei casi avrebbero bisogno di un percorso diverso da quello carcerario».

E qui arriviamo. Si può davvero scontare la condanna fuori dal carcere?

«Credo che l'unico modo per recuperare davvero un detenuto sia quello di aiutarlo davvero ad inserirsi nella società e il lavoro. È certamente il modo migliore. Io attualmente sono in regime di affidamento in prova, ma nessuno mi ha aiutato a trovare un lavoro e mi ritengo fortunato di avere una famiglia che mi ha aiutato. Certo, ci saranno sempre detenuti che una volta fuori ricadono ancora nell’errore e tornano in carcere dopo poco tempo».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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