Buonissimo in crisi, il palazzo costò 8,7 milioni alla Loggia

Pronte le lettere di licenziamento per i dipendenti di Buonissimo, inaugurato nel 2011 in corso Mameli e già pronto a chiudere
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Piange Tommaso Martini nel confermare che le lettere di licenziamento per i dieci dipendenti di «Buonissimo» sono già pronte. Lavora con loro da diversi anni e non se la sente di consegnarle. Le ha ancora lì, nel cassetto. Spera che in extremis la situazione possa ancora cambiare, che qualcuno di Brescia Infrastrutture (partecipata del Comune al 100%) possa ancora accogliere le sue richieste per un cambiamento di quel contratto d’affitto del ramo d’azienda che era stato siglato anni fa. 

«Le ho lì. Ma non me la sento ancora di consegnarle», spiega. Aggiungendo le ragioni che lo hanno spinto a prendere la decisione di chiudere a fine novembre.

Tommaso Martini
Tommaso Martini

«Economicamente la situazione per noi non è più sostenibile. Abbiamo investito molto in questo progetto, sulla base di un piano di rilancio della zona che il Comune aveva presentato. Oggi quel rilancio non c’è stato».

Il contratto siglato con Brescia Infrastrutture scade nel 2019 ma allo scattare del sesto anno, Buonissimo può anticipare la chiusura senza subire penali, e l’urgenza del momento è dettata dalla pesante situazione economica che si va profilando, con l’aumento dei canoni d’affitto (non versati per quasi due anni con un arretrato che si aggira attorno ai 300mila euro «sospesi» però in virtù di un accordo con fidejussione con la proprietà dell’immobile).

 «Tre sono gli aspetti ben diversi da quelli che si erano profilati in quel contratto - continua Martini -. Per ristrutturare l’immobile nel bando si parlava di 450mila ma abbiamo speso almeno un milione e mezzo perché non c’era nemmeno l’impianto elettrico. Presupposto del bando 2010 era il progetto globale di riqualificazione della zona, che non c’è stato. E di conseguenza il discorso cade sul canone d’affitto che chiediamo di ridurre». 

Martini aspetta quindi una risposta. I dipendenti intanto hanno raccolto almeno 700 firme per una petizione presentata in Comune in cui si chiede «di prendere in seria considerazione il pericolo della chiusura» e che si possa invece «permettere la continuità aziendale». E stanno organizzando un presidio. 

«La gente ci sostiene - afferma Michela, una dei dieci dipendenti che rischiano il posto di lavoro -. Per noi si profila il licenziamento».

Non c’è solo il problema occupazionale. L’ipotesi di chiusura di Buonissimo riporta alla luce la vicenda dell’acquisizione dell’immobile da parte della Loggia. Nel 2009, l’ex Oviesse di corso Mameli era stata comprato per 8,7 milioni di euro da Brixia Sviluppo, il braccio immobiliare del Comune di Brescia. Il venditore era la società Sifra Immogest, che era entrata in possesso dell’immobile soltanto nel 2007 pagandolo 7,6 milioni, l’operazione venne sostenuta dall’Amministrazione Paroli insistendo sulla necessità di scongiurare l’acquisto dell’immobile da parte di presunti imprenditori cinesi. L’allarme, se così si può chiamare, era stato dato da Bruno Bolzoni, ex candidato consigliere comunale per il Psdi a sostegno di Paroli.

Sull’acquisto era stata aperta un’inchiesta della magistratura in seguito all’esposto di Cesare Giovanardi, secondo il quale il prezzo di 2.400 al metro quadro era troppo alto rispetto ai valori di mercato, anche in considerazione delle condizioni dell’immobile. Che, come spiegano ora i titolari di Buonissimo, necessitò di interventi pesanti per diventare utilizzabile. Il Pd, allora in minoranza, presentò un esposto alla Corte dei Conti di cui però, al pari dell'inchiesta, si sono perse le tracce. 

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