Bruti Liberati indagato a Brescia, ritardi sul caso Sea

Il capo della Procura di Milano indagato a Brescia per omissione d'atti d'ufficio nel caso Sea: è l'ultimo atto di una guerra in Procura.
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Il capo della Procura di Milano indagato a Brescia è solo l’ultimo atto di un vero e proprio terremoto che sta scuotendo il quarto piano del Palazzo di Giustizia, dove ormai da mesi si assiste a uno scontro durissimo tra magistrati, fatto di esposti al Csm e «siluramenti». «Speriamo di aver toccato il fondo e ora di poter risalire».

Così si è sfogato un pm nei corridoi. Poco prima, in mattinata, il procuratore Edmondo Bruti Liberati aveva appreso dalla stampa di essere stato iscritto nel registro degli indagati dai pm bresciani con l’accusa di omissione di atti d’ufficio. Bruti Liberati è indagato per avere, in sostanza, lasciato per circa 3 mesi nella sua cassaforte, tra il 2011 e il 2012, il fascicolo di inchiesta sul caso Sea-Gamberale, prima di assegnarlo al dipartimento competente che era guidato dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo.
Tra Bruti e Robledo è in atto dallo scorso marzo uno scontro che ha portato il procuratore, qualche giorno fa, a togliere a quest’ultimo la delega di capo del pool anti-corruzione per poi inviarlo all’ufficio esecuzione. Insomma, una rimozione.

«Non parlo delle iscrizioni che facciamo qui a Milano, figuriamoci se commento un’iscrizione che avrebbe fatto Brescia», si è limitato a dire Bruti ai cronisti che gli chiedevano conto dell’indagine aperta dalla Procura guidata da Tommaso Buonanno, che gli ha fatto eco: «Non confermo nulla, dalla Procura di Brescia non uscirà niente sulla vicenda».

Così, il «neo» vice presidente del Csm, Giovanni Legnini, ha spiegato che Palazzo dei Marescialli, oltre ai vari fascicoli pendenti sulla cosiddetta «guerra» Bruti-Robledo, valuterà «anche» questo, visto il gran da fare che l’organo di autogoverno della magistratura si trova a dover affrontare in questo periodo di riforme.

Per raccontare quello che fu anche una sorta di giallo del fascicolo scomparso, bisogna tornare all’ottobre del 2011, quando la Procura di Firenze trasmise a Milano un’intercettazione di tre mesi prima nella quale l’ad di F2i, Vito Gamberale, parlava con il manager della società Mauro Maia. Pochi giorni dopo, Bruti mise quell’intercettazione in un fascicolo di «atti non costituenti notizie di reato» che assegnò al dipartimento reati economici guidato da Francesco Greco. Questi, il 2 novembre lo affidò a un pm del suo pool, Eugenio Fusco. Il 6 dicembre 2011, Fusco segnalò a Bruti Liberati la necessità di trasmettere il fascicolo al dipartimento di Robledo, che era a capo del pool dei reati nella pubblica amministrazione, perché si poteva ipotizzare una turbativa d’asta. Bruti Liberati, tre giorni dopo avvertì Robledo che gli avrebbe girato il fascicolo, ma alla fine gli assegnò l’indagine solo il 16 marzo 2012 e, dunque, con un ritardo di almeno tre mesi.

Robledo, nell’esposto inviato al Csm a marzo, ha segnalato oltre a presunte irregolarità nell’assegnazione di importanti indagini, come i casi Ruby e San Raffaele, anche il ritardo sul caso Sea. E Bruti Liberati si è giustificato con Palazzo dei Marescialli parlando di una sua «deplorevole dimenticanza». Un profilo di colpa, dunque, e non di dolo come necessario, invece, per la configurazione del reato di omissione di atti d’ufficio.

Tra l’altro, da quanto si è appreso, l’indagine su Bruti potrebbe essere nata non da un esposto, ma da una memoria scritta da Robledo che si doveva difendere dalle accuse dell’ex sindaco di Milano, Gabriele Albertini, il quale con un esposto dell’ottobre 2012 lo aveva accusato di varie «omissioni» (ora Albertini è indagato per calunnia aggravata a Brescia).

L’ex primo cittadino aveva imputato a Robledo, tra le varie cose, proprio di aver lasciato in «stand by» il fascicolo Sea. E Robledo, per replicare, ha redatto una memoria nella quale ricostruiva la vicenda del ritardo sul caso Sea chiarendo che la responsabilità era di Bruti Liberati. Quella memoria potrebbe essere confluita nell’inchiesta bresciana.

Nel frattempo il procedimento Sea è arrivato in fase di udienza preliminare (si aprirà il prossimo 24 ottobre). Sono imputati Gamberale, Maia e Behari Vinod Sahai, responsabile della società indiana Srei Infrastructure finance Ltdper. Tutti accusati di concorso di turbativa d’asta in relazione alla vendita da parte del Comune di Milano nel dicembre 2011 (all’epoca gli atti arrivati due mesi prima da Firenze non erano ancora stati trasmessi al dipartimento di Robledo) del 29,75% della Sea, la società che gestisce gli aeroporti milanesi di Linate e Malpensa, a F2i.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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