Bresciani in cammino nei luoghi dei martiri che dissero no a Hitler
Oltre 150 chilometri a piedi per ribadire le ragioni della pace nel momento in cui l’Europa è di nuovo sconvolta dalla guerra. Guidati da don Battista Dassa, animatore del gruppo «Dio cammina a piedi» e parroco di Collio e di San Colombano, dal 1° all’8 giugno 22 bresciani hanno percorso a piedi il tragitto che dal paese austriaco di Sankt Radegund porta fino a Monaco di Baviera e al lager di Dachau.
Sankt Radegund, nel distretto di Braunau am Inn, città natale di Adolf Hitler, è il paese il Franz Jagerstatter, obiettore di coscienza all’esercito tedesco durante il nazismo dopo l’annessione dell’Austria al Terzo Reich. Jagerstatter, oggi beato, pagò con la vita il rifiuto di vestire la divisa dell'esercito di Hitler. A St. Radegund vivono ancora le tre figlie di Franz Jagerstatter. La celebrazione della messa nella casa natale, oggi museo, di Jagerstatter è stato il modo migliore per fare memoria di questo grande credente, obiettore di coscienza, giustiziato 80 anni fa, il 9 agosto del 1943 nel Brandeburgo.
A Monaco di Baviera i viandanti bresciani sono stati sui luoghi della Rosa Bianca, il gruppo di giovani che si oppose a Hitler diffondendo clandestinamente sei volantini. Arrestati, furono tutti ghigliottinati anch’essi il 22 febbraio di 80 anni fa. Particolarmente emozionante la posa di una rosa bianca sulle tombe di Hans Scholl, Sophie Scholl, Alexander Schmorell e Christoph Probst nel cimitero di Perlacher Forst. Così altrettanto significativo è stato il momento in università davanti alla stele che ricorda il loro sacrificio e la successiva visita alla mostra permanente.
Da Monaco, sempre a piedi, è stato poi raggiunto il vicino lager di Dachau, uno dei più tragici simboli del male assoluto.
La mattina dell’ultimo giorno, c’è stata la partecipazione alla Messa nella chiesa del convento delle suore carmelitane e alla processione del Corpus Domini che dal convento è entrata nel lager, il primo ad essere aperto già nel 1933, per fermarsi davanti al luogo dove sorgeva la baracca n. 26, quella in cui erano detenuti i sacerdoti, tra i quali anche il bresciano padre Carlo Manziana. Oltre 2700 furono i sacerdoti rinchiusi in questa baracca negli anni del nazismo.
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